Nonostante il successo di video come “Gangnam Style” con oltre due miliardi di visualizzazioni, e altre innumerevoli clip virali e canali con milionate di utenti iscritti e visualizzazioni mensili, YouTube continua ad essere un servizio privo di profitti per Google. Le cifre che dicono dell’ancora indeterminata capacità di dare una spinta al bilanio bilancio di Big G da parte di Youtube le snocciola il Wall Street Journal.
L’unità online-video di Google ha realizzato un fatturato di 4 miliardi di dollari nel 2014, contro i 3 miliardi di dollari dell’anno precedente, grazie a maggiori investimenti da parte degli inserzionisti. Ma mentre YouTube ha rappresentato circa il 6% delle vendite complessive di Google l’anno scorso, non ha contribuito ad alcun profitto, raggiungendo a mala pena il punto di pareggio.
La motivazione principale sarebbe legata alla provenienza degli utenti di YouTube, che arrivano ai video tramite link, piuttosto che visitando regolarmente la home page di YouTube all’interno della quale Google potrebbe applicare un sovrapprezzo per gli annunci venduti agli inserzionisti.
Sempre secondo il WSJ nemmeno l’audience di YouTube sarebbe poi particolarmente elevata: la stima è che il nove per cento dei visitatori rappresentano circa l’85 per cento delle visualizzazioni video online; un dato che rende quello di YouTube un pubblico molto meno attraente per gli inserzionisti della programmazione televisiva tradizionale, nonostante l’aumento degli investimenti per la produzione di contenuti originali.
Infine anche le cosiddette YouTube Star, come PewDiePie, che grazie ai suoi video-montaggi di videogiochi ha raggiunto 35 milioni di iscritti, restano star di nicchia (seppur nicchie non certo trascurabili) poco conosciute al di fuori del loro seguito, soprattutto se paragonate a alle star della TV o del cinema.
Google spera che il servizio di abbonamento Music Key, tra le altre idee, possa riuscire a cambiare la tendenza, insieme ad altre iniziative, come gli annunci mirati e strategie di re-marketing, in modo da riuscire a proporre agli utenti annunci pubblicitari pertinenti rispetto alla loro navigazione web, anche se – sempre secondo il Wall Street Journal – quest’ultima strada potrebbe risultare più difficile.