Un po’ come all’epoca del maccartismo, contraddistinto da un forte sentimento di sospetto nei confronti dei (presunti) comunisti, ora l’amministrazione Trump accusa le grandi aziende americane di collaborare non con i russi ma con i cinesi.
William Barr, procuratore generale USA, durante un discorso sulle politiche della Cina che ha tenuto al Gerald Ford Presidential Museum del Michigan, ha criticato Hollywood e le aziende del mondo IT per essere troppo accomodanti con Pechino e il Partito Comunista Cinese (PCC).
“Nel corso degli anni, imprese quali Google, Microsoft, Yahoo, e Apple, hanno dimostrato di essere fin troppo disposte a collaborare con il PCC”.
In sostanza, a suo modo di vedere, l’iPhone non venderebbe in Cina se Apple avesse resistito alle pressioni del governo cinese. Persino Disney non esiterebbe a censurare i suoi film per “appagare il Partito Comunista Cinese”.
Barr continua a criticare Apple per la presunta mancanza di volontà nel voler collaborare con il Dipartimento di Giustizia per sbloccare i due iPhone dell’attentatore che a dicembre dello scorso anno ha ucciso tre marinai nella base di Pensacola in Florida, prima di essere a sua volta ucciso dalla polizia. Apple ha fornito all’FBI tutti i dati rilevanti di iCloud che ha potuto ma Barr riferisce che l’FBI è riuscita a ottenere accesso a un solo dispositivo “con un colpo di fortuna” dopo mesi di tentativi e “senza l’aiuto di Apple”.
Secondo Barr, Apple e altre aziende operano usando due pesi e due misure, quando hanno a che fare con la Cina e con gli USA, con Pechino che avrebbe minacciato ritorsioni e l’esclusione dall’accesso al mercato cinese per esercitare pressione. “Pensate che i telefoni di Apple in Cina siano immuni alla forza penetrante delle autorità cinesi? Non ne venderebbero se fossero inattaccabili dalle autorità cinesi”, ha riferito Barr senza però fornire alcuna prova a sostengo delle accuse.
Apple ha sempre affermato che non integrerà mai “backdoor” (accessi secondari) per scavalcare i meccanismi di sicurezza del sistema operativo e Tim Cook ha più volte spiegato che una soluzione di questo tipo costituirebbe un precedente molto pericoloso per la tutela della privacy degli utenti, vanificando la presenza dei sistemi per criptare i dati negli iPhone.
Le critiche di Barr alle grandi corporation statunitensi sono il frutto di una deleteria guerra commerciale e politica tra Stati Uniti e Cina che si intensificherà con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali. Per Donald Trump, William Barr è uno dei referenti più zelanti, sempre pronto a mettere in pratica gli ordini del presidente, anche i più controversi.
A febbraio di quest’anno più di mille procuratori e funzionari del Dipartimento di giustizia avevano chiesto le sue dimissioni, “condannando in modo energico le interferenze del presidente Trump e del procuratore generale” nell’amministrazione, invitando gli attuali dipendenti dell’amministrazione a segnalare all’Ispettore generale dell’agenzia e al Congresso qualsiasi tipo di comportamento non etico all’interno del Dipartimento di giustizia.