L’Open Hybrid LabFactory (OHLF) di Wolfsburg è un luogo speciale: al centro del campus si trova il centro tecnico, una sala alta diversi piani dove spiccano robot industriali, macchine per lo stampaggio a iniezione, sistemi di colata e di compressione. È qui che si fa ricerca sui materiali delle auto del futuro, utilizzando gabbie metalliche e cubicoli di vetro, per rendere i tessuti, i metalli, la plastica e i materiali compositi ancora più leggeri e sostenibili, ma allo stesso tempo affidabili quanto quelli attuali.
I membri principali di questo campus sono la città di Wolfsburg, l’Automotive Research Center Niedersachsen (Centro di Ricerca sull’Automotive della Bassa Sassonia), la Fraunhofer Society e l’Università Tecnica di Braunschweig, senza contare il coinvolgimento di molti fornitori del Gruppo Volkswagen, in particolare quelli che si occupano di lavorazione del metallo e della plastica. La trasformazione della mobilità sta cambiando anche il lavoro all’interno del campus, con un focus che è passato dalle costruzioni leggere all’economia circolare.
“Vogliamo progettare processi, materiali e componenti per migliorare l’economia circolare. Per questo stiamo sviluppando nuove plastiche da materiali riciclati; inoltre vogliamo automatizzare i processi di smantellamento per rendere economico separare le materie prime e stiamo scegliendo materiali naturali in cicli organici” spiega Marko Gernuks, che rappresenta Volkswagen nel Consiglio di Amministrazione dell’OHLF.
Martina Gottschling di Volkswagen Group Innovation lavora nella ricerca sui materiali per sostituire la pelle: Volkswagen ha scelto di non utilizzare prodotti di derivazione animale per le vetture della gamma ID. Una decisione che presto verrà allargata anche ad altri modelli e che contribuirà anche in termini di protezione del clima, considerando che l’impronta di carbonio della pelle è relativamente alta rispetto ad altri materiali.
Secondo i ricercatori, i biomateriali hanno un potenziale enorme, anche oltre le colture industriali come la colza e il legno di conifere, e possono essere prodotti in laboratorio. La cellulosa, per esempio, allo stato naturale si trova nelle pareti cellulari delle piante, ma può essere creata in laboratorio usando i batteri.
I polimeri naturali hanno molte proprietà utili, per esempio sono altamente stabili e consistenti; in più, in forma pura, non ibrida, sono idonei per il processo di riciclo e possono essere compostati dopo l’uso. All’interno dell’Open Hybrid LabFactory si può coltivare la cellulosa pura nelle forme desiderate ed è un processo facilmente scalabile che può essere adattato agevolmente agli impianti di agricoltura verticale. Inoltre, essendo una sostanza completamente organica, la cellulosa pura è perfetta per l’economia circolare biologica. “In sei-otto anni potrebbe essere pronta per il primo utilizzo nelle automobili” stima Gottschling.
Cellulosa e funghi
La cellulosa è una materia prima importante nella ricerca sui materiali. Nello specifico, i ricercatori dell’Open Hybrid LabFactory stanno sperimentando un metodo in cui dei batteri vengono nutriti in una soluzione zuccherina, generando cellulosa in forma pura. Un volta terminato il processo di crescita, cioè quando il pezzo di cellulosa raggiunge la dimensione desiderata, i ricercatori lo “lavano” rimuovendo i batteri e poi lo asciugano, attraverso diversi passaggi. Si passa quindi alla post-elaborazione e all’essiccazione, per terminare con l’inserimento di un plastificante organico che crea la levigatezza desiderata del materiale.
Il Gruppo Volkswagen è coinvolto – insieme ad aziende dei settori della moda, dello smaltimento dei rifiuti e delle concerie – anche in un altro progetto di ricerca per materiali sostenibili che studia le potenzialità dei polimeri naturali a base di micelio, cioè l’apparato vegetativo dei funghi.
Nell’industria automotive sviluppare un materiale innovativo richiede un lungo ciclo di sperimentazione. Per essere approvato per la produzione di serie, un nuovo materiale deve passare attraverso quaranta test diversi, che simulano ogni aspetto delle sollecitazioni a cui è sottoposto. Nel caso dei sedili, per esempio, i rivestimenti sono sottoposti a test per lo stress meccanico, per l’invecchiamento dovuto al calore e ai raggi UV e per l’assorbimento dello sporco.
Un altro test importante è quello che riguarda la resistenza all’abrasione, effettuato utilizzando un dispositivo speciale: il materiale da analizzare viene tirato e sollecitato da un timbro circolare, mentre dal basso alcuni “proiettili” premono in modo casuale. Il tutto crea sollecitazioni elevate e localizzate che si ripetono per diverse migliaia di volte nel corso di una giornata. Alla fine del processo il numero di imperfezioni – le parti in cui l’usura è visibile – indica la qualità del materiale.
In un ulteriore test viene messa alla prova la resistenza allo strappo dei materiali alternativi alla pelle, per confrontarla con quella della vera pelle e della similpelle usate attualmente. Al termine delle verifiche, i nuovi materiali devono dimostrare di non essere inferiori in nulla rispetto a quelli tradizionali.
I nuovi materiali non devono solo essere sostenibili e tecnologicamente avanzati, ma anche trasmettere la sensazione di alta qualità. “Ogni tessuto degli interni deve essere un’esperienza per gli utenti e deve durare per tutta la vita dell’auto” conclude Gottschling.
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