Un giudice federale ha permesso a Apple di battere un noto patent troll, rigettando la richiesta di 308,5 milioni di dollari per la presunta violazione di un brevetto, decisione presa dopo che è stato scoperta l’esistenza di un preciso schema pensato per estorcere più denaro possibile alle aziende.
Al centro della discussione, un brevetto legato al digital rights management di proprietà di Personalized Media Communications (PMC), entità non praticante che combatte con Apple dal 2015.
All’inizio di quest’anno una giuria federale aveva stabilito che Apple avrebbe dovuto pagare 30,8 milioni a PMC per la presunta violazione di un brevetto legato al Digital Rights Management (DRM).
Il giudice distrettuale Rodney Gilstrap ha rigettato il precedente verdetto, stabilendo che il brevetto di PMC non è applicabile, evidenziando che quest’ultima ha di proposito ritardato la richiesta di attuazione al fine di ottenere royalty maggiori dalle aziende IT.
Il brevetto di PMC risale agli anni ’80. All’epoca la validità prevista per questo brevetto era di 17 anni, indipendentemente dai tempi per le procedure di registrazione di brevetti. PMC aveva richiesto la registrazione di vari brevetti negli anni ’80 e ’90 ma non era loro stato assegnato nessun brevetto fino al 2010. Il giudice ha tenuto conto della tattica usata da alcune entità che, di proposito, ritardano eventuali contestazioni fino a quando qualche settore industriale non adotta ampiamente tecnologie simili a quelle da loro brevettate, in altre parole un meccanismo ben oleato per estorcere più denaro possibile.
“La linea di condotta intrapresa da PMC, costituisce un ritardo irragionevole e un abuso dello statuario sistema brevettuale”, si legge nella decisione del giudice Gilstrap. Da documenti emersi nel dibattito, emerge che PMC avrebbe adottato una precisa strategia con il fine di ritardare più possibile le sue richieste, in modo da ottenere il più possibile cin le royalty. Tra i documenti dell’entità in questione è stato individuato anche un esplicito riferimento a Apple, indicata come “candidata perfetta” da colpire con il sistema della richiesta di royalty in ritardo.
A marzo di quest’anno Apple aveva indicato di voler ricorrere in appello. Per gli stessi motivi, PMC ha contenziosi in corso con altre aziende del mondo IT, incluse Netflix, Google e Amazon.