Secondo quanto riportato da Bloomberg, i video su Spotify sono, per ora, parte del passato. L’azienda svedese deciso di interrompere il progetto anche se solo temporaneamente in attesa di un ripensamento.
A causa delle royalties e altri costi di licenza, lo streaming è di per sé un’attività costosa con margini molto ridotti. Più dell’80 per cento di tutto il flusso di ricavi di Spotify viene ceduto a etichette musicali, artisti ed altri attori del settore musicale. Solo con grandi numeri Spotify potrebbe permettersi certi tipi di investimenti, ma per il momento l’azienda non è ancora riuscita a totalizzare un sufficiente numero di abbonati per poter iniziare ad affrontare serenamente iniziative speciali e costose come, appunto, i video.
Per aumentare il numero di abbonati Spotify si è impegnata negli ultimi anni a promuovere i suoi contenuti filmati in streaming su una specifica nicchia, investendo in un mix di licenze con reti esistenti – come Comedy Central e ESPN – e su prodotti originali, tipicamente incentrati su documentari musicali.
Tuttavia questi sforzi sembrano avere avuto un effetto poco significativo sul fatturato di Spotify, dovendo far fronte ad un ingente flusso di uscite per ottenere generosi accordi di licenza con le etichette discografiche, necessari per giustificare il suo approccio commerciale a prezzi molto accessibili per la musica in streaming.
Nello scorso maggio Spotify ha riferito che le sue perdite fiscali per il 2016 erano cresciute a circa 637 milioni di dollari su entrate pari a 3,4 miliardi di dollari. Un programma di video originali consentirebbe a Spotify di offrire un flusso di contenuti senza licenza, me per il momento questo non è accaduto