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Venti anni di Mac OS X, la rivoluzione Unix di Apple

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Un sabato pomeriggio di una vita fa, anzi di quasi venti anni fa, chi scrive entrava in uno storico, piccolo negozio indipendente di computer Apple a Milano con un obiettivo: saperne qualcosa di più sul nuovo sistema operativo da provare con il proprio iBook G3 500 GHz nuovo fiammante.

Poco più di un anno prima, per la precisione il cinque gennaio del 2000, Steve Jobs sul palco del Moscone Center dove si era tenuto il primo MacWorld Expo del nuovo millennio, aveva presentato un sistema operativo nuovo di zecca: Mac OS X.

Steve Jobs era rientrato da pochi anni alla guida di Apple ma aveva già ribaltato l’azienda. Ancora non erano usciti iPod (novembre 2001) o gli iPhone (2007) e le Apple TV o i MacBook Air o gli Apple Store, ma già il cambiamento era cominciato, soprattutto grazie all’iniezione di liquidità portata dal successo del nuovo, rivoluzionario computer della Mela: iMac, che aveva ribaltato le sorti economiche della crisi di Apple e fatto capire che era iniziata una vita nuova a Cupertino e una era nuova nell’informatica per il resto di noi.

Una rivoluzione annunciata

La vera rivoluzione, quella tecnologica e infrastrutturale che avrebbe dato gambe alla nuova Apple, era un’altra. Apple nel gennaio 2000 aveva appena annunciato, in quello storico keynote di San Francisco, un nuovo sistema operativo con una nuova interfaccia “Aqua” e con uno spettacolare travaso di tecnologie da parte di NeXT, l’azienda che Apple aveva comprato (assieme a Steve Jobs, che l’aveva fondata) e che portava in dote il sistema operativo NeXT Step basato su Unix.

Il vostro cronista, in quel pomeriggio di poco meno di venti anni fa, fece la prima conoscenza con Mac OS X, che poi sarebbe diventato uno dei sistemi operativi più solidi e completi al mondo. E sarebbe uscito ufficialmente nei negozi il 24 marzo del 2001, esattamente venti anni fa oggi.il Mac OS X originale

L’importanza di chiamarsi Mac OS X

All’epoca i sistemi operativi non si scaricavano, di certo non in Italia. Si dovevano comprare nei negozi (oppure si potevano ottenere le versioni beta da provare, se si conoscevano le persone giuste) e andavano comunque installati da Cd. Era un mestiere più complicato ma tecnicamente più semplice di quello di oggi, che richiedeva qualche strana magia vudù per riuscire a trapiantare una nuova mente dentro al cervello del computer. Ma si riusciva a quel tempo così come oggi.

Il nuovo sistema operativo di Apple era la decima versione, X in numeri romani (e non “ics”, come poi tantissimi avrebbero detto) e portava una discontinuità enorme. Anche e soprattutto culturale. Recuperava Unix (c’erano stati già dei tentativi, fatti sia negli Usa a Cupertino che da terze parti compresa una piccola società pisana che aveva creato un sistema operativo Unix a prova di Mac, ma senza successo con Apple) e portava un mondo infinitamente più “anziano” e complesso, con un cuore basato sul terminale (nuova scoperta di quell’epoca) ma lo faceva con un look and feel straordinario e inedito.

Mentre i sistemi operativi dell’epoca, sia Mac OS 9 che Windows ME si “incastravano” e arrotolavano causa incompatibilità, problemi di gestione dei driver (Windows) o dei bug delle applicazioni (Mac OS 9), Mac OS X andava via come i missili. C’erano dal giorno del lancio più di 350 applicazioni e più di diecimila sviluppatori al lavoro, a testimonianza della capacità di Steve Jobs di ipnotizzare e convincere migliaia di persone a scommettere su una piattaforma che azzerava sostanzialmente la già ridottissima quota di mercato di Apple per via della nuova, una forte discontinuità tecnologica.

La storia di OS X nella raccolta di oltre 1.500 schermate dal 2000 a oggi

La prova del fuoco

Qualche anno dopo, nel 2003, testando un PowerBook di eccezionale potenza (la prima generazione della versione a 17 pollici) questo cronista ammise finalmente con se stesso l’incredibile stabilità e potenza del sistema operativo, all’epoca appoggiato a un processore G4 creato da Apple con Ibm e Motorola: la macchina era in grado di masterizzare un Dvd dati, scaricare da una connessione dual-ISDN (un trucco per andare più veloci con il modem) degli altri file ed effettuare una conversione di file audio per la successiva messa in onda. Il tutto contemporaneamente e senza perdere un colpo (o un file). Un capolavoro di multitasking oltretutto fatti da una macchina portatile che all’epoca non aveva pari nel mondo Windows.

All’epoca, al lancio di Mac OS X nel marzo 2001, le cose da mettere sul piatto erano altre. La più importante certo era la stabilità del nuovo sistema, che ancora non aveva guadagnato il riconoscimento delle nuove versioni con un nome in codice che poi sarebbe diventato la norma e il marchio distintivo dei sistemi operativi per Mac di Apple (quella prima generazione si sarebbe chiamata a posteriori Mac OS X 10.0 “Cheetah”, come da tradizione dei grandi felini che sono durati sino alla 10.8 con Mountain Lion). Ma c’era però di più.

Infatti, c’era anche da dimostrare l’esistenza di un ecosistema di sviluppatori, perché come nel problema dell’uovo e della gallina, bisogna convincere gli sviluppatori a convertire il loro software per il nuovo sistema mostrando loro che gli altri l’avevano già fatto.

La storia di OS X nella raccolta di oltre 1.500 schermate dal 2000 a oggi

Prodigi tecnologici

La distribuzione Unix realizzata da Apple, che aveva tecnologia al cuore del sistema operativo basata su un microkernel ibrido a servizi basato su Mach Kernel, progettato da quel genio assoluto che è stato Avie Tevanian, era poi accompagnata da tecnologie sugli strati superiori all’epoca rivoluzionarie: l’ambiente desktop Aqua infatti esisteva sopra un composer grafico Quartz 2D che praticamente gestiva tutto come se fosse stato un Pdf, lo standard OpenGL per la grafica 32 e QuickTime per il video, oltre all’idea di creare un Dock (anziché una barra) per l’organizzazione delle finestre e delle applicazioni. Risultati inediti, cose mai viste prima, una festa per gli occhi.

Mac OS X aveva tuttavia anche le tecnologie che ancora oggi sono la base per un moderno sistema operativo: dalla gestione dinamica della memoria alla gestione dell’alimentazione (per lo “sleep” e il risveglio istantaneo), supporto integrato per i protocolli di rete, audio, font e gestione dei dati estremamente avanzata, la possibilità di gestire stampanti, il motore di virtualizzazione Java, la base del calcolo parallelizzato (che è la base oggi di tutta l’intera industria del personal computer e degli smartphone ma che all’epoca, con i primi computer biprocessore come ad esempio il Power Mac G4, era una novità assoluta) e decine di altre novità e tecnologie, a partire da tutte quelle ereditate dal mondo BSD Unix: Perl, Php, la shell, WebDAV, XML, Apache, la possibilità di usare protocolli, ambienti e linguaggi di programmazione che andavano oltre lo sviluppo di software per il Mac stesso e aprivano la strada allo sviluppo del software per Internet.

Volete un difetto, che si fa prima a trovarlo? Il file system era sempre il “vecchio” Hfs, novellato con la versione Hfs+, che però non ha mai fatto miracoli (e anzi, ha portato anche a parecchi problemi nel tempo per quelli ai quali si rompevano i dischi) sino a che non sono arrivati il più moderno APFS e gli SSD.

La storia di OS X nella raccolta di oltre 1.500 schermate dal 2000 a oggi

Il prezzo dell’innovazione

All’epoca i sistemi operativi si pagavano. Non Linux, che era ed è sempre rimasto gratuito, ma Windows e Mac OS si pagavano. Anche se, aggiornando il computer, arrivava la versione nuova e poi si potevano trovare gli aggiornamenti per un po’ di volte ma anche dai negozianti. Era fantascienza pensare di poter scaricare un sistema operativo intero da internet e poi installarlo senza dover prima masterizzare un Cd (e poi un Dvd) che permettesse di avviare “da fuori” il disco interno.

Epoca moderna e al tempo stesso pionieristica, era un’epoca fatta anche di tante sorprese: centocinquanta euro per una versione nuova di Mac OS X, ma poi un sistema dual boot o con emulatore per far funzionare le vecchie applicazioni Mac OS 9 e quindi la scoperta di nuove tecnologie, un nuovo modo di “sentire” l’informatica, un nuovo modo di far funzionare la tecnologia.

La storia di OS X nella raccolta di oltre 1.500 schermate dal 2000 a oggi

Un nuovo inizio

Mac OS X è stato per molti l’inizio del Mac. Altri ancora ci sono arrivati dopo. Altri ancora non lo sanno, ma grazie al lavoro geniale di Scott Forstall e del suo team, hanno trovato il cuore di Mac OS X dentro gli iPhone e le Apple Tv, e poi persino negli Apple Watch. E hanno scoperto il Mac quando il suo sistema operativo già si chiamava macOS, magari.

Però per tanti altri che ancora corrono su questa pazza palla di metalli e fango che chiamiamo Terra il cuore BSD Unix di Mac OS X è stato un nuovo inizio, un secondo matrimonio, un grande atto di amore verso la casa della Mela e verso il suo grande mago, cioè Steve Jobs. Un uomo che convinse tutti a cambiare giacca, che spiegò che in questo caso “Nuovo è meglio” e portò il suo popolo attraverso il mare rosso della migrazione verso un altro, nuovo Egitto fatto di tecnologie completamente diverse.mac os x box big

Pochi anni dopo Steve Jobs avrebbe di nuovo convinto tutti a cambiare anche processore, con l’abbandono delle macchine basate su PowerPC e il passaggio a Intel, quello ciclo tecnologico che si è concluso da meno di un anno e che ci vede adesso abbracciare con intenzione e convinzione (data anche dai risultati strabilianti) il nuovo Apple Silicon.

Però quell’atto di amore, al capezzale di una Apple che sembrava impossibile da cambiare tantomeno da rivoluzionare, per chi ha deciso di restare con Apple e concederle un nuovo inizio anziché passare a Windows (come molti alla fine degli anni Novanta e nei primi duemila fecero) è stata una scelta certamente di cuore e decisamente buona. Ottima. Meravigliosa. Impossibile da concepire per il vostro cronista di venti anni fa, mentre attendeva che gli amici del piccolo negozio oggi chiuso gli vendessero la sua copia di Cheetah, Mac OS X 10.0.

Guardate dove siamo arrivati, oggi. Big Sur, cioè macOS 11, e varie generazioni di dispositivi e tecnologie applicative che si appoggiano sulla tradizione di Unix nella variante BSD e soprattutto nell’interpretazione data da Steve Jobs e i suoi durante gli anni novanta, che hanno portato tutte alla nascita di Mac OS X. Che oggi compie venti anni: tanti auguri! E altri cento anniversari come questo.

Tutti gli articoli di macitynet che parlano di Steve Jobs e della storia di Apple sono disponibili ai rispettivi collegamenti.

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