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Vanity Fair: «Così Samsung prese la decisione di copiare iPhone»

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Copiare senza remore un prodotto di successo, minacciare di un’azione legale se si viene minacciati e quando si è vicini alla sconfitta ma ormai in vantaggio sul mercato, arrivare ad un accordo. Questa la tattica, descritta da Vanity Fair quasi come intrinseca alla filosofia industriale di Samsung e che sarebbe stata applicata lungo tutto il corso della sua storia dall’azienda coreana, l’ultima volta con Apple, nel corso della battaglia per il primato sugli smartphone.

L’articolo, lunghissimo e molto strutturato, è impossibile da riassumere compiutamente, ma sinteticamente si può dire che è un pesante e univoco atto d’accusa nei confronti di Samsung e di tutti i passaggi che hanno l’hanno condotta da essere un contendente minore dello scenario degli smartphone, alla massima potenza mondiale del settore dopo aver scelto deliberatamente di copiare iPhone.

Il giornalista Kurt Eichenwald, apparentemente ben documentato, parte dall’inizio, il 10 febbraio del 2010, giorno in cui i manager di Samsung si sono trovati nella stanza del quartier generale di Seoul per cercare di capire come mai i loro smartphone non vendevano, al punto che i prodotti Samsung nelle classifiche erano tra gli “altri dispositivi”, mentre invece tutti volevano gli iPhone. L’analisi portò alla definizione di 126 elementi che rendevano il telefono di Apple superiore e alla sentenza che la crisi era nell’incapacità di creare un design appetibile, come quello di iPhone appunto.

Poco più di un mese dopo,  al Ctia di Las Vegas, J. K. Shin tirava fuori dalla tasca il “miracolo” di Samsung, il Galaxy S, un prodotto molto simile (per Apple identico) all’iPhone e che era stato disegnato come tale, nonostante, dice Vanity Fair qualche settimana prima Google (che forniva il sistema operativo) avesse invitato gli ingegneri coreani a modificare almeno la parte frontale perchè troppo simile a quella del telefono Apple.

Fu in quel momento che cominciò la corsa di Apple alle azioni legali, un passo che a quanto pare, almeno secondo il giornale americano, Samsung sapeva che sarebbe venuto, visto quel che era accaduto in precedenza.

ecco come copiare iPhoneVanity Fair cita, in particolare la strategia seguita con Sharp, di cui Samsung usò senza acquistarli diversi brevetti per conquistare il mercato degli LCD. In Europa e negli USA i diritti di Sharp vennero riconosciuti, ma solo due anni dopo la presentazione della causa e dopo che Samsung aveva a sua volta controquerelato la controparte, allungando il procedimento. Samsung stava per vedere bloccate le importazioni dei suoi  TV e arrivò ad un accordo con la rivale, ma a quel punto le quote di mercato di Samsung erano al 23,6% e quelle di Sharp al 5,4%, come dire che la strategia non fu un cattivo affare per l’azienda di Seoul.

Un caso simile avvenne con Pioneer. Samsung iniziò a produrre TV al plasma di cui Pioneer era leader al mondo; anche qui, vennero usati brevetti e tecnologie proprietarie della rivale che intentò una causa legale, venendo a sua volta querelata da Samsung. Nel 2009, 24 mesi dall’inizio del procedimento, Samsung era costretta a pagare 54 milioni di dollari di danni a Pioneer, ma il mercato dei plasma era stato prosciugato e Pioneer un anno dopo chiudeva il suo business TV licenziando 10mila persone.

Vittime della stessa strategia furono diverse altre aziende grandi, come Kodak, e piccole come Interdigital, una realtà della Pennsylvania che aveva concesso a pagamento suoi brevetti a tante grandi aziende (come Apple ed LG), mentre Samsung le usava senza permesso. Samsung contrastò in tribunale Interdigital e venne sconfitta.

Vanity Fair cita alcune persone che hanno lavorato alle cause Samsung secondo le quali la tattica è sempre la stessa: controquereleare, ritardare, perdere la causa, ritardare, fare appello e quando la sconfitta è vicina, concedere la vittoria all’avversario. Secondo Sam Baxter, un avvocato che ha lavorato per Samsung: «non esiste un solo brevetto che possono pensare di non usare, indipendentemente a chi appartiene. Ho rappresentato Ericsson, e posso dire che quella gente non è in grado di mentire neppure se la loro vita dipendesse da questo. Ho anche rappresentato Samsung e posso dire che non riescono a dire la verità neppure se la loro vita dipende da questo».

Questo sistema definito come “astuto” da Vanity Fair, copiare, minacciare, andare in tribunale, far prosperare il proprio business mentre si battaglia di fronte ad una corte per poi cedere, venne replicato esattamente con iPhone.

Tra gli episodi inediti raccontati dall’articolo, c’è il momento in cui la guerra venne dichiarata apertamente. La data era il 4 agosto del 2010, la scena: il quartier generale di Samsung a Seoul; il momento: quello in cui Apple si era resa conto che il Galaxy S era niente altro che una mera copia dell’iPhone. Con queste premesse un gruppo di manager Apple superava le porte girevoli del palazzo di 44 piani e si sedeva di fronte ad un pugno di ingegneri e manager di Samsung tra cui Seungho Ahn, vicepresidente di Samsung; sullo schermo Chip Lutton, associate general counsel for intellectual property di Apple, proiettò una slide di Powerpoint con scritto “uso da parte di Samsung di proprietà intellettuali di Apple nel campo degli smartphone”, facendo scorrere tutta una serie di elementi che dimostravano che il Galaxy S aveva copiato l’iPhone.

Visto che nessuno dei dirigenti di Samsung pareva avere reazioni di fronte alla lista di elementi contestati, Lutton andò al sodo: «Il Galaxy ha copiato iPhone», «Che cosa intende con “copiato”?», è stata la replica di Ahn, «esattamente quello che ho detto – ha insisisto Lutton – avete copiato iPhone, le similitudini sono completamente oltre ogni possibilità di coincidenza». Ahn si inalberò: «come osate dire una cosa del genere? Abbiamo costruito telefoni cellulari da sempre, abbiamo i nostri brevetti e Apple ne sta probabilmente violando qualcuno di essi». Nasceva così il caso che tutti noi conosciamo, un caso nuovo per Apple, ma non del tutto sconosciuto, sostiene Vanity Fair, per Samsung che aveva seguito questa tattica in altre occasioni.

E mentre Apple portava in tribunale Samsung, mentre Samsung cercava tra i suoi brevetti quelli da contestare ad Apple, Jobs diventava sempre più furioso anche perchè  Samsung aveva rifiutato qualunque trattativa, respingendo persino la proposta, incredibile vista la storia precedente di Apple che ha sempre rifuggito l’idea di concedere in licenza qualunque cosa di sua proprietà, di acquistare alcuni brevetti Apple che rendevano iPhone un prodotto distintivo. E mentre i tempi si allungavano, Samsung costringeva Apple a disperdere denaro ed energie anche psicologiche in una vicenda che sembra non avere fine, mentre affinava i suoi prodotti al punto che ora anche tecnologicamente, pur partendo da una mera copia di iPhone, Apple e Samsung si sfidano ad armi praticamente pari.

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