Un tribunale della Florida si è recentemente schierato a fianco della polizia in merito alla sicurezza degli smartphone. Una Corte di appello dello Stato si è pronunciata relativamente alla riservatezza individuale, negando il diritto ad appellarsi al quinto emendamento (che permetterebbe ad un sospettato di non rivelare il codice di accesso giacché questo rappresenterebbe una forzata auto-incriminazione). Teoricamente gli agenti possono obbligare l’utente a rivelare il codice di accesso di uno smartphone, ribaltando quanto in precedenza stabilito relativamente ai codici di accesso numerici e alfanumerici.
Fino adesso il quinto emendamento ha permesso ai sospettati di rifiutarsi di fornire il codice, proteggendo dal rischio di auto-incriminazione, quello che negli USA è considerato un diritto fondamentale. A maggio di quest’anno un giudice ha costretto una donna, Paytsar Bkhchadzhyan, a sbloccare il suo cellulare con il lettore di impronte digitali integrato. Un caso simile si è verificato anche con un uomo del Texas, accusato nel 2014 di aver fatto prostituire ragazze minorenni.
Le impronte digitali sono tradizionalmente usate come “prove reali o materiali” dando diritto alla polizia di utilizzarle anche senza consenso; alcuni studiosi di diritto ad ogni modo dissentono sulla possibilità di obbligare un imputato a fornire l’impronta per sbloccare un dispositivo, spiegando che la legge non contempla l’uso delle impronte digitali per garantire l’accesso ai dati.