Il paradosso delle tensioni internazionali che stanno scalando anche nel Pacifico, con la Cina che minaccia di inglobare Taiwan, area strategica planetaria per la produzione di chip, è che ritornano ad essere alleati due avversari storici sin dagli anni Ottanta nel settore dei semiconduttori, cioè USA e Giappone.
La notizia è che il Giappone aprirà entro la fine dell’anno un centro di ricerca e sviluppo per i chip di nuova generazione a 2 nanometri in collaborazione con gli Stati Uniti, nell’ambito degli sforzi comuni per stabilire catene di fornitura di chip sicure a fronte delle tensioni tra Cina e Taiwan, quest’ultimo Paese leader del settore.
Se la Cina decidesse di riconquistare il territorio di cui non riconosce la sovranità e che storicamente appartiene alla sfera di influenza di Pechino, infatti, verrebbe colpito uno dei luoghi strategici per la produzione di chip per tutto il resto del mondo. Soprattutto verrebbe colpita e probabilmente nazionalizzata TSMC, l’azienda taiwanese più avanzata al mondo in questo settore, che produce i processori Apple Silicon di tutti i dispositivi e computer della multinazionale di Cupertino.
Un problema geopolitico
Diplomatici, consiglieri economici, esperti di strategia: in questi giorni va avanti a ritmo serrato il dialogo tra USA e Giappone per decidere se far partire il piano B di salvataggio della fabbrica mondiale dei chip in caso di attacco cinese a Taiwan.
Secondo le indiscrezioni gli accordi sarebbero già stati presi e gli obiettivi reciproci raggiunti: una iniezione di soldi da parte degli USA al Giappone per riavviare la macchina per lo studio e la produzione di chip, dopo che già negli USA si stanno avviando varie attività, inclusa l’apertura di una nuova fonderia di TSMC in Arizona.
L’idea è che il Giappone potrebbe diventare il terzo attore, sganciato sia dall’economia americana che da quella taiwanese, per arrivare a costruire i chip con lavorazione a due nanometri, cioè la tecnologia di costruzione necessaria per avviare la produzione di processori sempre più potenti, veloci e con minori richieste energetiche.
A che punto siamo
Il ministro degli Esteri giapponese Yoshisho Hayashi e il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria Koichi Hagiuda si sono incontrati a Washington con il Segretario di Stato americano Blinken e il Segretario al Commercio Raymond, per un incontro a livello ministeriale sugli affari esteri e l’economia, noto anche come la versione economica del 2+2. Durante l’incontro si è parlato di Paesi in via di sviluppo, investimenti in infrastrutture, sicurezza della catena di approvvigionamento e altre questioni correlate.
Hagiita Koichi ha detto che il Giappone condurrà in tempi serrati la ricerca e sviluppo sui semiconduttori di nuova generazione e stabilirà una nuova base di ricerca e sviluppo con gli Stati Uniti per garantire che la fonte di componenti importanti sia sufficientemente sicura e stabile. Ha inoltre dichiarato che il centro di ricerca e sviluppo sarà aperto ad altri Paesi che condividono le stesse idee.
Il piano per i chip
Sebbene i due Paesi non abbiano rivelato ulteriori dettagli del piano durante l’incontro, il quotidiano giapponese Nikkei ha riferito che questo centro di ricerca e sviluppo sui semiconduttori sarà istituito in Giappone entro la fine di quest’anno, principalmente per studiare semiconduttori con lavorazioni a 2 nanometri. La testata asiatica indica che il centro di ricerca e sviluppo USA – Giappone comprenderà una linea di produzione di prototipi e inizierà la produzione di serie entro il 2025.
Una nuova amicizia
La mossa che viene anticipata da Nikkei ha importanti ripercussioni geopolitiche. Infatti, in questo modo gli Stati Uniti e il Giappone stanno passando dalla competizione diretta alla cooperazione nel campo dei semiconduttori. Gli attriti tra le due parti erano iniziati nella seconda metà degli anni Ottanta, quando le aziende giapponesi produttrici di semiconduttori avevano conquistato il mercato globale con una quota superiore al 50%.
Successivamente, gli Stati Uniti hanno continuato a reprimere l’industria giapponese dei semiconduttori (praticamente con la stessa brutalità con la quale negli anni scorsi hanno attaccato il settore cinese, a partire da produttori come Huawei e ZTE vietandone l’esportazione a favore dei produttori interni come Qualcomm) e la quota dei semiconduttori giapponesi nel mercato globale è scesa al 10%.
Nel maggio di quest’anno, Hagiita Koichi ha detto in alcune interviste: “Sono consapevole di quanto sia paradossale e strano il nuovo destino in termini di cooperazione con gli Stati Uniti nell’industria dei semiconduttori”.