La storia di una azienda che si occupa di informatica non è soltanto un questione di numeri, di bit, di codice, di fatturati e percentuali è anche una storia scavata nei circuiti stampati, nello stagno, nelle plastiche e nel metallo di macchine a cui si è spesso dato un soprannome come ad un compagno di lavoro o che hanno rappresentato il passo successivo di una crescita personale, di un obiettivo che ci si è posti.
E quando la storia è ha radici così profonde nel tempo come quelle di Magnetic Media e di tutti i soci e collaboratori che hanno fatto coincidere l’inizio della propria attività con quella dell’arrivo del personal computer, quando la storia parte da così lontano c’è la voglia di trasformarla in qualcosa di tangibile, che faccia ritrovare nelle macchine e nella loro vita, la storia personale di chi le ha utilizzate e faccia scoprire a chi appartiene ad una nuova generazione quali meraviglie fosse possibile realizzare con una frazione infinitesimale della potenza di calcolo che oggi tutti ci portiamo in tasca.
E così qualche giorno fa, in coincidenza con la data del 33mo anniversario della nascita del Mac siamo stati invitati con un gruppo di clienti, amici e cantori dell’epopea Apple in Italia a visitare in anteprima l’allestimento dedicato alla storia delle macchine Apple e a quella dell’informatica che, come forse non tutti sanno, è nata in Italia nel 1964 con la mitica Olivetti Programma 101, la “Perottina” di Piergiorgio Pirotto: un computer “personale” nato ad Ivrea ed utilizzato dalla Nasa per la missione Apollo 11.
Damiano Airoldi, che ha ospitato presso Magnetic Media il visionario progettista in un evento speciale, ne ha parlato con orgoglio, rivendicando quella capacità di creare, di inventare che sembra essersi trasferita dall’altra parte dell’oceano per quanto riguarda l’invenzione di nuove CPU ma che è sempre alla base delle iniziative del suo gruppo.
Damiano ci ha mostrato le memorie di un tempo, quelle che in pochi centimetri di filo di nichel registravano con il sistema a linea magnetostrittiva il ristretto numero di bit necessari ai calcoli che era possibile elaborare al tempo o quelle che in un foglio con banda magnetica portavano le 240 istruzioni possibili su ciascuna singola scheda e ci mostra come il design innovativo nella forma e nella ricerca dei materiali di Mario Bellini prima e di Ettore Sottssas poi sia stato in grado di abbinare design e funzionalità, innovazione e “personalizzazione” di un prodotto che era fino a quel momento concepito come un armadio per l’elaborazione dei dati.
Gli stessi principi sono quelli che hanno animato Apple negli anni a seguire: l’azienda di Cupertino è ovviamente al centro dell’attività di Magnetic Media e al centro della storia raccontata in questo museo contiguo allo spazio di lavoro e nello spostarsi nei vari ambienti che sono parte integrante dell’attività giornaliera si scoprono modi diversi di raccontare episodi, tendenze e periodi della vicenda dei computer con la mela.
La visita alle macchine della memoria Apple è stata accompagnata da chi ha materialmente realizzato il progetto del museo insieme a Damiano: Priscilla Cavaliere, Francesco Airoldi, Cristian Bonomi e Stefano Paganini con quest’ultimo a cantarci le gesta degli uomini che stavano dietro ai progetti dei vari modelli oltre che le qualità specifiche dei singoli Mac.
Per chi scrive il gioco era facile, in poco più di due ore abbiamo potuto ritrovare riviste, immagini, pubblicità, oggetti che abbiamo utilizzato in 35 anni dal primo computer ma anche oggetti sognati, sfiorati soltanto con un dito quando erano il desiderio di giovani appassionati. Ma immaginiamo quale potrà essere lo stupore di chi ha imparato a conoscere Apple e le sue meraviglie solo di recente nello scoprire con quanta cura, con quale ricerca della qualità siano stati creati i computer che molti dei nostri lettori amano e che fanno parte di questa collezione di 200 pezzi che vi mostriamo in parte nella galleria qui sotto.
Qui sotto il video del software contenuto nella audio cassetta della collezione di Stefano: oggi ci pare banale ma al tempo, la grafica 8 bit e la successione dei colori avevano affascinato milioni di appassionati.
L’idea di fondo non è quella di museo statico che mostri semplicemente una storia ma anche quella di farla ritrovare a chi l’ha vissuta, farla intuire a chi solo se l’immagina cercando di capire di come si siano evoluti gli strumenti di oggi anche attraverso sbagli, problemi di design e usabilità o come prodotti dalle qualità troppo nascoste non abbiano avuto il successo che meritavano.
Trattandosi di un museo visitabile su appuntamento c’è da sfruttare un indubbio vantaggio: gli oggetti non sono dietro una teca ed è possibile toccarli uno ad uno, dalla P101 al Sinclair Spectrum, al PowerMac Cube per apprezzare non soltanto gli ingombri, i colori e le proporzioni ma anche i materiali, il risuonare delle casse armoniche degli chassis, la risposta gommosa o meccanica delle tastiere, riportando al presente dei suoni e dei ricordi tattili di chi li ha utilizzati per anni.
Il museo è visitabile anche attraverso dei percorsi “Non convenzionali” in grado di stimolare una diversa e sempre nuova lettura muovendosi tra linee, materiali, forme, saperi, emozioni, sensazioni che a che non avreste mai potuto attribuire freddezza dei bit o la presunta algidità di un calcolatore.
Il M’useum vi aspetta nella sede di Magnetic Media a Trezzo D’Adda: potete prenotarvi scrivendo a museum [chiocciola] mmn.it Se il nostro reportage ha stimolato la vostra curiosità è il momento di trasformarla in conoscenza!