L’avvocato dell’FBI non sa che cosa sia stato trovato nell’iPhone dell’attentatore di San Bernardino nè se quel che è stato trovato sarà utile o meno per le indagini. È lo stesso legale, James A. Baker, a spiegare nel corso di un’intervista all’International Association of Privacy Professionals conference di Washington, di non avere idea di quel che è accaduto dopo l’apertura dell’iPhone.
“Immagino ci stiano lavorando” ha detto Baker, aggiungendo che comunque «è è stato giusto battagliare smuovendo tutto il possibile rispetto all’inchiesta. Lo dobbiamo alle vittime e alle famiglie garantendo loro di avere seguito ogni possibile direzione”.
Il contenuto nell’iPhone di Syed Rizwan Farook potrebbe non essere mai rivelato lasciando all’oscuro quanti vorrebbero sapere se la battaglia tra Apple e l’FBI valeva la pena di essere combattuta. In documenti presentati al tribunale e in vari dibattiti pubblici, l’ente investigativo ha sempre indicato come fondamentale conoscere quanto presente nell’iPhone dell’attentatore.
Nell’amicus brief vergato per la Corte, il Procuratore distrettuale Michael A. Ramos era arrivato a dire che il telefono poteva contenere prove di “un agente patogeno cibernetico dormiente”, in altre parole che l’iPhone 5c sarebbe stato in qualche modo utilizzato o utilizzabile per attaccare il sistema informatico della contea, di cui il terrorista Syed Rizwan Farook era un dipendente.
Alle affermazioni del Procuratore aveva risposto Jonathan Zdziarski, bollandole come assurdità e spiegando che l’amicus brief era concepito semplicemente per fare agire la Corte in modo irrazionale, a favore dell’FBI.
Non è detto che nell’iPhone 5c di Farook siano effettivamente presenti elementi utili alle indagini; ricordiamo che lo smartphone che aveva l’attentatore gli era stat dato dal Dipartimento per la Salute di San Bernardino per lavoro; i suoi telefoni personali erano stati distrutti prima dell’attentato.