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A un italiano il Faculty Award di IBM per tecnologie sul linguaggio naturale

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Sono passati quasi cinque anni da quando, nel febbraio 2011 l’America assisteva davanti al televisore alla vittoria di Watson, il supercomputer IBM, sui suoi avversari umani, i campioni Brad Rutter e Ken Jennings, nella sfida di Jeopardy! il più famoso quiz televisivo statunitense. La trasmissione, seguita quotidianamente dal 1984 da quasi nove milioni di telespettatori su varie emittenti in tutti gli stati, ospitò allora la sua prima e unica sfida uomo-macchina che si concluse, tre giorni dopo, con la vittoria di Watson. Fu una tra le sfide più impegnative per un computer, perché gli indizi del gioco prevedevano l’analisi di sottigliezze di significato, ironia, enigmi e altre complessità in cui gli esseri umani eccellono e i computer tradizionalmente no.

Nella messa a punto del sistema Watson negli anni precedenti, l’Università di Trento giocò un ruolo da protagonista insieme ad altri sette atenei statunitensi – i migliori a livello internazionale nel campo delle tecnologie di ultima generazione – collaborando con IBM nell’ambizioso progetto di ricerca. Da allora il progresso non si è arrestato e la tecnologia sviluppata per Watson si è evoluta in molte altre direzioni in cui sono necessarie abilità complesse, come ad esempio quelle necessarie per le applicazioni in ambito medico.

Estendere e generalizzare questa tecnologia di dialogo uomo-macchina a molteplici ambiti applicativi è l’obiettivo della ricerca condotta all’Università di Trento che ha portato ad assegnare al professor Alessandro Moschitti il nuovo IBM Faculty Award soprattutto per la qualità del suo lavoro scientifico e le prospettive commerciali che esso apre. La consegna del riconoscimento è avvenuta in occasione di una conferenza al Polo scientifico e tecnologico Fabio Ferrari di Povo alla quale hanno preso parte il prorettore vicario dell’Università di Trento, Flavio Deflorian, il vice-direttore del DISI, Fabio Massacci, e il presidente della Fondazione Bruno Kessler Francesco Profumo, introdotti da Fabrizio Renzi, direttore tecnico e innovazione di IBM Italia. Per la parte scientifica sul tema “Deep Natural Language Processing for Cognitive Dialog Systems” sono intervenuti David Nahamoo, IBM Fellow (T.J. Watson Research Lab), lo stesso Alessandro Moschitti (DISI, Università di Trento) e Hinrich Schütze (Università di Monaco). Il pomeriggio si è concluso con una tavola rotonda sui sistemi di dialogo nell’era del cognitive business, moderato da Guido Vetere (IBM Italia) con la partecipazione di Raffaella Bernardi (DISI) e di Carlo Strapparava (Responsabile della HTL-NLP Research unit).

I sistemi di dialogo sono oggi tra gli elementi chiave per il Cognitive Computing e per lo sviluppo delle tecnologie che lavorano sul linguaggio naturale, sulle capacità di apprendimento e ragionamento e sull’interazione uomo-macchina.

Ma come si può migliorare la capacità di interazione di un computer? Il lavoro di Moschitti si occupa proprio di come sia possibile far sì che un computer risponda tenendo conto del profilo dell’utente, delle precedenti domande che gli sono state poste e, in generale, del contesto in cui vengono formulate. Tutto questo per dare risposte sempre più appropriate e specifiche. Modellare le tecnologie di apprendimento automatico, di recupero efficiente dell’informazione e dell’elaborazione automatica del linguaggio naturale per far acquisire alle macchine la capacità di rappresentazione articolata del contesto, creando capacità cognitive simili a quelle di un cervello umano, è un’attività di ricerca complessa, ma fondamentale per aprire la strade ad applicazioni finora impensabili.

La novità più importante che questa tecnologia porta con sé è quella di migliorare le nostre capacità di prendere decisioni rapidamente, su qualsiasi dominio di conoscenza, basandosi sui fatti. La sfida, infatti, non è solo nella quantità di dati che accumuliamo, ma sempre più nella capacità di estrarre da essi informazioni e valore per rendere più efficaci le nostre azioni e diminuire il rischio di errori. Un po’ come avviene nel nostro cervello che, per poter fare delle scelte ottimali, esamina in modo inconsapevole una quantità incredibile di informazioni. Ovviamente l’incremento esponenziale delle informazioni disponibili rende la gestione “interpretativa” umana sempre più complessa.

Tra i settori più recenti e interessanti di sviluppo, quello medico (per l’analisi degli articoli scientifici), quello assicurativo (con assistenti digitali che supportano le vendite), quello alberghiero (per gestire meglio la customer satisfaction, nella fornitura di servizi istantanei e nel promuovere l’ingaggio automatico dei clienti).

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