Il National Physical Laboratory insieme alle società n2Tec e Gwent Electronic Materials ha sviluppato un circuito stampato 3D che può essere dissolto con la semplice immersione in acqua calda. La tecnologia, sviluppata in Gran Bretagna come parte del progetto ReUSE (Reuseable, Unzippable, Sustainable Electronics), mira ad aumentare la riciclabilità dei dispositivi elettronici. Sebbene la piastra venga semplicemente stampata, è stata mostrata la sua resistenza al calore e a pressioni varie nell’utilizzo nella vita reale. Quando l’ipotetico circuito elettronico che ospita si rompe, le parti non riciclabili vengono a galla con la semplice immersione in acqua.
I ricercatori hanno sviluppato e testato particolari strati polimerici che, pur supportando cicli termici prolungati e lo stress da calore umido, consentono alle parti assemblate di separarsi facilmente dal circuito con l’immersione in acqua calda quando il dispositivo arriva al suo ciclo di vita finale
La particolare stampa 3D non renderà i dispositivi più resistenti o facili da riparare (al contrario), ma offre un vantaggio non solo in termini economici, ma anche e soprattutto in termini ambientali. I materiali recuperati potrebbero diventare riutilizzabili, permettendo il risparmio di risorse naturali e l’eliminazione dei rifiuti solidi.
Secondo uno studio del consorzio ReMedia (consorzio per la gestione ecosostenibile dei rifiuti tecnologici), solo in Italia i Raee (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) generati nel 2011 ammontano a circa 880mila tonnellate, pari a 14.6 chili per abitante.
[A cura di Mauro Notarianni]