Dopo Apple, anche Meta entra nel mirino dell’UE, anche se per motivazioni differenti: il colosso dei social media, infatti, è sotto la lente de regolatori europei per la pratica “pay or consent”, che di fatto impone agli utenti Facebook e Instagram di accettare le pubblicità personalizzate senza possibilità di rinunciare.
Il sistema del “pay or consent” recentemente introdotto da Meta è ben noto agli utenti. In poche parole, da diverso tempo, per continuare a utilizzare il social, agli utenti viene mostrato un banner in cui scegliere se abbonarsi oppure in alternativa accettare le pubblicità per continuare a utilizzare il servizio. Nei fatti, questa (non) scelta, viene considerata un modo per costringere l’utenza ad accettare obbligatoriamente le pubblicità mirate.
Meta ha lanciato un servizio di abbonamento senza pubblicità per Facebook e Instagram in Europa lo scorso novembre, offrendo però agli utenti che “accettano” di essere tracciati per l’uso gratuito dei propri social. O si paga, dunque, o si accetta di ricevere pubblicità personalizzate, che di fatto l’Europa voleva fossero subordinate al consenso dell’utente. L’alternativa di dover pagare, però, esclude di fatto una scelta libera.
La Commissione Europea, che funge da autorità garante della concorrenza nell’UE, ha dichiarato che questa scelta binaria viola il Digital Markets Act (DMA) dell’Unione Europea, che mira proprio a limitare lo strapotere delle grandi aziende tecnologiche. Al momento, dunque, l’UE ha inviato le sue conclusioni preliminari a Meta.
Meta, dal canto suo, ha risposto alle accuse formulate, sostenendo che il suo modello è conforme a una sentenza della corte più alta d’Europa.
L’abbonamento senza pubblicità segue le indicazioni della più alta corte europea e rispetta il DMA. Non vediamo l’ora di continuare un dialogo costruttivo con la Commissione Europea per chiudere questa indagine
Cosa succede adesso
A seguito delle conclusioni rassegnate dall’Europa, Meta può modificare il suo modello pubblicitario per evitare una multa che potrebbe raggiungere il 10% del suo fatturato annuale globale, se ritenuta definitivamente colpevole di violazioni del DMA.
La Commissione ha tempo fino a marzo del prossimo anno per completare l’indagine. A bersagliare Meta non c’è solo l’Europa: anche gli attivisti e garanti della privacy hanno chiaramente criticato il modello pubblicitario di Meta.
Anche Apple nel mirino…
L’accusa contro Meta arriva a pochi giorni di distanza dalle accuse formulate dall’Europa ad Apple, presuntivamente rea di non aver rispettato il DMA sulle regole di App Store. Vi raccontiamo questa storia a partire da questa pagina.