Dopo anni di proteste, divieti, e la necessità di districarsi tra una selva normativa, Uber e la corte di giustizia europea stanno per confrontarsi definitivamente in un caso che potrebbe determinare il futuro dell’azienda e stabilire un importante precedente per la sharing economy.
Al centro del caso, presentato da una associazione di taxi spagnola, c’è una questione che da tempo affligge gli organi regolatori di numerosi Paesi, ovvero se Uber debba essere trattata a livello legale come una società di tecnologia – come Uber ha sempre sostenuto – oppure come un servizio di trasporto. Se la corte UE si esprimerà a favore di Uber, l’azienda sarà in grado di rafforzare la sua attività in tutta l’Unione Europea e di offrire servizi a basso costo come UberPop, che permette agli utenti comuni di improvvisarsi autisti e che al momento è vietato in diversi paesi europei. Se invece la decisione determinerà che Uber deve essere considerato come un servizio di trasporto, la società sarà soggetta a normative molto severe e i servizi potrebbero anche essere vietati almeno in alcuni dei 28 Stati membri dell’UE.
Il caso è visto come un punto di svolta non solo per Uber, dopo cinque anni di controversie con associazioni di taxi europee, ma anche per altre start-up della sharing economy, come Airbnb, Gnammo ed altre aziende, che affrontano problemi simili in tutti i Paesi della UE. La Commissione Europea all’inizio di quest’anno ha detto di voler creare un quadro normativo per la sharing economy e ha esortato gli Stati membri a non applicare i divieti contro aziende come Uber e Airbnb.
Questo potrebbe essere un segnale incoraggiante per Uber, anche se l’azienda dovrà attendere fino a marzo per avere una risposta dall’Unione.