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I libri dei migliori giallisti italiani

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Una rapida introduzione al romanzo giallo estivo pensato per chi voglia fare il giro d’Italia. Perché nel nostro Paese i commissari e gli investigatori privati si moltiplicano. Sono tanti, tantissimi. Come veri e propri enti locali per il turismo, raccontano storie locali che circoscrivono in alcuni casi i limiti della mente di chi le scrive e in altri invece la loro dedizione e passione.

Dopotutto si dice che bisogna scrivere di ciò di cui si conosce bene la storia. E cosa meglio della propria città o del proprio paese? Valli, spiagge, entroterra, altipiani e scoscesi dirupi: in questa lista dei migliori investigatori locali italiani c’è veramente tutto il genius loci della nostra letteratura minore. Abbiamo messo assieme una lista di autori “minori” ma la iniziamo e la chiudiamo con il botto. Anzi, con due botti completamente diversi.

Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

migliori libri guida


Venere privata. La prima indagine di Duca Lamberti

Qualunque giro d’Italia tramite le indagini dei nostri investigatori locali non può prescindere dal genio letterario di Giorgio Scerbanenco. Colui il quale ha regionalizzato e dato dignità, con il suo lavoro artigianale di livello artistico, alla grande avventura dell’investigatore locale.

Milano: in una città tentacolare e seduttiva come le anime peccatrici che la abitano, Duca Lamberti ha cominciato a indagare.

Si imparano molte cose in tre anni di carcere passati a raccogliere le storie d’innocenza dei propri compagni di cella, tutti Abele uccisi da Caino e tutti Adamo corrotti da Eva.

Duca Lamberti – un ex medico condannato per aver aiutato un’anziana paziente a morire – in prigione ha imparato ad ascoltare, e a non parlare troppo. Per questo un ricco imprenditore, Pietro Auseri, lo ha scelto per un compito che gli sta particolarmente a cuore: salvare il figlio Davide da un’improvvisa depressione annegata nell’alcool.

Forse per riscattare la sua vita dedicata agli altri, o forse solo per curiosità, Lamberti accetta di prendersi cura del giovane Auseri, entrando in confidenza con lui fino a stanare il segreto che lo ha gettato nel buio.

È una storia che porta alle strade poco battute della periferia di Milano, dove la nebbia custodisce i segreti di amanti e criminali che si dividono la notte, fino al corpo di una giovane ragazza che cercava una vita migliore e ha trovato la morte. Gli unici indizi, un rullino di fotografie bollenti e una donna combattiva, Livia, che applica alla realtà gli imperativi categorici della filosofia.

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Con l’arte e con l’inganno

Giovanissima e bravissima. Con una detective per caso, una storica dell’arte che indaga sulla morte nel presente. Una nuova serie legata al mondo dell’arte, con una protagonista esplosiva e l’incantevole scenario dell’entroterra ligure. Edna Silvera, cinquantasette anni, è storica dell’arte e restauratrice di grande talento. Abita in una villetta a Chiavari e l’unica compagnia che gradisce è quella del gatto Cagliostro e delle sue galline, che adorano la musica degli Abba e hanno nomi da dive del cinema (la Garbo, Marilyn, Bette Davis, la rossa Rita Hayworth).

Chi la conosce sa che non ha peli sulla lingua: che si tratti di mettere in riga la madre ottantenne, Zara, che fa fuori una badante dietro l’altra, o di farsi valere con i baroni universitari, lei non si tira indietro. Anche se spesso finisce col mettersi nei guai. Dopo aver dato del “coglione maschilista” a un collega, Edna viene spedita a una conferenza a Siestri, paesino dell’entroterra ligure abbarbicato sui tornanti. Una punizione bella e buona, coronata da un piccolo incidente d’auto che la costringe a entrare nel negozio più vicino – la bottega di un antiquario – per cercare aiuto.

Quando scopre il cadavere del proprietario riverso a terra dietro una tenda e con le braghe calate, la polizia la considera una semplice testimone. Ma poi è lei a notare un dettaglio: un’antica tavola di legno che, sotto uno strato di pittura, potrebbe nascondere un tesoro.

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La collega tatuata

Il primo di una nuova serie di romanzi gialli scritti da Margherita Oggero. La protagonista è una “profia”, una professoressa di mezza età, con una normale famiglia composta da due figli mediamente rompiscatole e un marito mediamente polemico verso la cucina affrettata di una donna che lavora fuori casa.

Quando a scuola arriva una collega nuova, la bionda, ricca, elegante Bianca De Lenchantin, la nostra eroina non è per niente disposta a trovarla simpatica. Solo quando Bianca viene uccisa, senza nessuna apparente ragione, la nostra professoressa troverà il modo di sfoderare il proprio talento investigativo. Tanto più che il commissario è un uomo colto e affascinante.

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Fa troppo freddo per morire. La prima indagine di Contrera

A Torino, città troppo grande per non ospitare molti detective. Come può essere un quartiere di Torino che si chiama Barriera di Milano? Un avamposto verso il resto del mondo. Infatti, da roccaforte operaia si è trasformato in una babele multietnica. È qui, in una lavanderia a gettoni gestita da un magrebino, che Contrera riceve i suoi clienti. Accanto a un piccolo frigo pieno di birre che provvede a svuotare sistematicamente.

I suoi quarant’anni li ha trascorsi quasi tutti per quelle strade. Faceva il poliziotto ma si è fatto cacciare per una brutta storia di droga, ora fa l’investigatore privato senza ufficio ma non senza fantasia. Ha una Panda Young da un quinto di secolo: e quello è «il rapporto più duraturo che abbia mai avuto nella vita». La sua ex moglie lo detesta e la figlia adolescente si rifiuta di rivolgergli la parola. Ad amarlo restano giusto la sorella e i due nipoti, divertiti dalla sua eccentricità.

Quando Mohamed, il proprietario della lavanderia, gli chiede di aiutare un ragazzo che si è indebitato con una banda di albanesi, Contrera non può certo tirarsi indietro. Ma come in ogni poliziesco che si rispetti, le cose sono molto più complicate di quanto sembri a prima vista: e quando salta fuori il primo cadavere, Contrera capisce di essersi ficcato in un pasticcio nel quale finirà per rischiare non solo la pelle.

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La verità del giudice meschino

La grande storia minore delle nostre vite. La pioggia battente scende rumorosa, mentre il cadavere di un uomo giace con la testa all’ingiù in una fossa sul litorale calabrese. È Marco Morello, figlio di un noto capobastone della zona. Tutti sono convinti che sia un delitto di mafia, una resa di conti. Tutti tranne Alberto Lenzi. Il “giudice meschino” preferirebbe continuare a tormentare il nuovo tirocinante e a flirtare con le colleghe, ma il caso gli è stato affidato e la pista mafiosa non lo convince.

Lui sa chi può dirgli come stanno le cose, anche se questo significa uscire dalle indagini ufficiali: don Mico Rota, capobastone a mezzo tra onorata società e ‘ndrangheta e suo miglior nemico. L’uomo si mostra ugualmente scettico. Quando un altro cadavere viene trovato, le indagini subiscono una brusca accelerazione. Si tratta di un poliziotto che tutti credevano corrotto e colluso con la ‘ndrangheta. I giochi sembrano fatti, tanto più che gli omicidi paiono legati a un rituale simbolico delle cosche malavitose. Eppure a Lenzi qualcosa non quadra ancora.

Brancolare nel buio per seguire una propria intuizione non è mai una bella sensazione per un magistrato, ma il fato a volte arriva ad aiutare i più audaci. Una telefonata anonima getta una luce nuova sul caso. Una svolta inquietante, sordida, losca. Una svolta che pare quasi impossibile. Ora quello che manca è solo il movente, il “sangue” che don Mico dice a Lenzi di cercare.

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Quo vadis, baby? Le indagini di Giorgia Cantini

Inizia un’altra grande serie di indagini. Giorgia Cantini ha quasi quarant’anni, è single ed è un’investigatrice privata. È una donna complessa, contraddittoria; passa le notti ad ascoltare jazz in diversi locali di Bologna, le piace bere, ma soprattutto è tormentata dal dubbio di aver sprecato la propria vita. Sa che è dura vivere senza rimuovere, cioè accettare l’assenza di chi si ama.

Questa volta l’indagine che deve seguire la costringe a scavare nel suo passato. Sarà una scatola da scarpe piena di lettere a cambiare la sua esistenza.

Sono le lettere scritte da Ada, la sorella “bella”, partita per la Capitale in cerca di fortuna come attrice e finita suicida sedici anni prima. Giorgia, ancora tormentata dal rimorso di non averla potuta aiutare, decide di riaprire il caso mettendosi alla ricerca dell’amante della sorella, che lei non ha mai conosciuto e che forse era presente nei suoi ultimi istanti di vita

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Tre madri

Una storia che vi lascerà un segno dentro, doloroso, sanguinante. La commissaria Lisa Mancini a soli trentatré anni ha già alle spalle una carriera straordinaria. Tanti successi in Italia e all’estero di cui potrebbe vantarsi, ma che creano intorno a lei un’aura di mistero il giorno in cui decide di abbandonare l’incarico all’Interpol di Lione per dirigere il commissariato di Montezenta, un piccolo centro romagnolo con i pregi e i difetti della provincia italiana, e di tutte le province del mondo.

Nessuno conosce il motivo del trasferimento di Lisa. Tutto quello che sappiamo sul suo conto è che, sbrigate le pratiche di routine, passa le giornate chiusa nel suo ufficio a giocare a Candy Crush sul cellulare. Finché non viene denunciata la scomparsa di River: un quindicenne di origine inglese che vive con la sua famiglia in un piccolo villaggio appena fuori dalle mura medievali di Montezenta. Una comunità libertaria e anticonformista che trasforma in opere d’arte i materiali di scarto, e che attira per questo su di sé l’ostilità e i pregiudizi del resto della popolazione.

River – uno studente modello, capace di farsi amare da tutti – è davvero una vittima oppure sta scappando da qualcosa di cui è lui stesso responsabile? Per riuscire a rispondere a questa domanda, Lisa dovrà combattere i demoni del suo passato, e trasformare la ricerca del ragazzo in un viaggio a perdifiato dentro sé stessa. In un romanzo straripante di scelte coraggiose e parole raccolte con cura, di canzoni che si insinuano nei pensieri e film che lasciano folgorati, Lisa Mancini è un personaggio che parla di noi, delle nostre paure, dei nostri affetti più incandescenti.

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Il Maestro della Testa sfondata

Un’indagine che riaffiora dal passato, dolorosamente. Febbraio 1978: nessuno può ancora saperlo, ma fra poche settimane il rapimento di Aldo Moro cambierà per sempre la storia d’Italia. Ma oggi è soltanto l’alba nebbiosa di un sabato qualunque, in un inverno come tanti altri. Fino a quando, nell’estrema periferia della Barona, a Milano, fra i casermoni popolari e la triste luce dei lampioni, su un autobus fermo a un capolinea che non è il suo, viene trovato il cadavere dell’autista, i pantaloni abbassati e la testa sfondata da una serie di violenti colpi alla nuca.

Il giovane commissario Melis, incaricato delle indagini, resiste alla tentazione di archiviarlo come un banale caso di aggressione. E quando scopre che l’uomo lavorava a tempo perso per uno stimato libraio antiquario morto d’infarto pochi giorni prima, decide che questa coincidenza merita d’essere approfondita. Così, Melis si ritrova a indagare nel mondo a lui sconosciuto dei libri antichi e dell’antiquariato, passando fra ambienti sociali molto differenti e distanti fra loro.

L’approfondita e accurata indagine sul delitto – anzi, no: sui delitti, perché l’omicida colpisce ancora, e con ferocia attraversa sguaiati quartieri popolari e felpati salotti borghesi, curiose botteghe artigiane e raffinati templi della bibliofilia per consegnare al lettore l’intenso e sfaccettato romanzo di una città: Milano. E un personaggio a tutto tondo ormai molto amato dai lettori: il commissario (poi vicequestore) Norberto Melis.

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Come una famiglia

Giampaolo Simi ci regala una storia magnifica e minimalista, ambientata nella sua magica Versilia, compatta nel formato ma non nelle intenzioni. Luca Corbo è un ragazzo coccolato e protetto che vede davanti a sé, quando non ha ancora diciotto anni, la grande opportunità di tutta una vita. Aspira a una carriera da calciatore professionista, è stato notato da alcuni procuratori, ed è giunto il momento di fare una scelta. Attorno ha i compagni che sul campo e fuori sono gli amici del cuore, anche loro spinti dalle stesse ambizioni. A incoraggiarlo c’è il sostegno dei genitori Dario e Giulia, separati dopo molte difficoltà, per una volta di nuovo complici grazie all’orgoglio per il suo talento.

Sono trascorsi alcuni anni dall’estate del caso Nora Beckford, quando Dario Corbo, ex giornalista scaltro e malinconico, ha cercato di riscattare l’immagine e il passato scellerato di un’assassina che proprio lui aveva contribuito a far condannare. Ora Dario lavora per lei, alla Fondazione che cura l’opera del padre artista, e in molti hanno da ridire.

Basta una telefonata per cambiare tutto, ancora una volta. Dario viene convocato all’albergo dove il figlio alloggia con la squadra, due poliziotti stanno frugando nella sua stanza, Luca è pallido e silenzioso. La notte precedente una ragazza è arrivata al pronto soccorso con il volto sfigurato, ha denunciato di essere stata condotta sulla spiaggia e poi stuprata e picchiata da un ragazzo conosciuto in discoteca. Quel ragazzo, ha detto, si chiama Luca, e gioca a calcio. Per Dario Corbo è il frantumarsi di un ordine precario e l’annuncio del fallimento più doloroso, quello di padre.

Giampaolo Simi ci riporta in Versilia e traccia un affresco ambizioso e avvincente, di raffinato realismo e lancinante tensione. Un noir drammatico ma soprattutto una storia di individui che si riconoscono tra loro e cercano complicità e protezione nell’appartenenza, nella lealtà di gruppo, nel cemento dell’amicizia, nel nucleo tenace delle famiglie. Fin quando una famiglia non è costretta a guardarsi dentro, e a chiedersi quanta cieca fiducia, quanto amore inappellabile sono necessari per proteggere le persone che amiamo. Con il sospetto che persino nel proprio figlio possa nascondersi una creatura feroce.

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Uccidete il Camaleonte. Una nuova indagine del commissario Vivacqua

Grande minore, il più noto degli anonimi, straordinario interprete del genere. Grande Carlo F. De Filippis.

“In greco – è scritto nel libro – il suo nome significa Leone di terra, noi moderni lo chiamiamo camaleonte. È un rettile, un sauro più precisamente, piuttosto lento, capace di attendere la preda in totale immobilità per delle ore. Non è un animale sociale, vive per i fatti suoi, anzi disdegna i propri simili con i quali spesso ingaggia lotte mortali. Sa mimetizzarsi, si adatta perfettamente all’ambiente; alcune tribù ritengono che porti in sé lo spirito maligno dei morti. Noi invece parliamo di un essere umano che uccide, per follia, per rabbia, per comunicare la propria malattia”.

Camaleonte è il soprannome del killer che tiene sotto scacco la città durante una torrida estate. Ama spiazzare i suoi inseguitori, li avvicina camuffato tra la folla, si prende gioco di loro, alle vittime lascia in dono un anello nuziale: perché lo fa? E come le seleziona? Celebra un rito? Un rito molto singolare in cui a ogni matrimonio segue un funerale. Ha ucciso nove donne e non si fermerà.

Il questore, detto il Doge, vuole in campo il migliore dei suoi, l’unico che ha già catturato un serial killer: Salvatore Vivacqua. Al burbero commissario non resta che scordarsi delle vacanze in Salento con l’adorata moglie Assunta, i figli e il cane Tommy, e fermarsi in città per dedicarsi alla caccia all’uomo insieme ai suoi collaboratori storici, il goffo “giraffone” Santandrea e l’atletico Migliorino. Sulle prime le ricerche, concentrate intorno a un ambiguo salone di bellezza, arrancano.

Il mostro continua a uccidere, gli investigatori non azzeccano una mossa e sfiorano l’esasperazione quando finalmente il fiuto di Vivacqua porta a un insospettabile. I giochi sembrano fatti ma… qualcosa ancora non torna. Il commissario chiede due ore. Le ultime, per dimostrare che talvolta la verità è la peggiore possibile.

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Assassinio a Villa Borghese

Non potrebbe essere una raccolta dei migliori libri di Macity se non avessimo un fuorisacco. Un romanzo giallo che ha aperto la strada a una nuova fase delle narrazioni cittadine e disimpegnate, perché a farla è stata il suo primo cittadino, e la città è della Città Eterna. Walter Veltroni e Roma.

Villa Borghese – un enorme parco nel centro di Roma, grande più della Città del Vaticano e poco meno del principato di Monaco – è un luogo meraviglioso. Ci sono musei, teatri, la Casa del Cinema, ludoteche, chiese. E poi le mille piante, i corsi d’acqua e le tante specie animali ospitate al Bioparco. Un’isola di verde incantevole. Affascinante, colta, misteriosa.

Il sindaco, malato d’amore per la Villa, muovendo mari e monti riesce a far aprire un commissariato al suo interno. Per la gestione del nuovo ufficio, i vertici della polizia decidono di radunare un gruppo di soggetti che altrove non hanno certo brillato. Come i magnifici sette, ma al contrario. A guidarli viene chiamato Giovanni Buonvino, ispettore superiore che, quindici anni prima, è stato condannato alle retrovie da un bruciante errore. «Occhio ai palloni Super Santos» ironizzano i colleghi, «possono contenere esplosivo.» Pochi giorni dopo l’inaugurazione del commissariato, però, il pacifico tran tran viene interrotto dalla scoperta di un cadavere orrendamente straziato. Da quel momento a Villa Borghese – insanguinata da una lunga scia di morte – nulla sarà più lo stesso.

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Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.


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