Tutti gli animali sono uguali, alcuni sono più uguali di altri. Quel che si legge a proposito della democrazia stabilita dal governo dei maiali nella Fattoria degli Animali, almeno per un certo periodo, è stato vero anche per App Store: tutti gli sviluppatori sono uguali, ma alcuni, specie se si chiamano Amazon, sono più uguali di altri.
L’ipotesi di un trattamento privilegiato per alcuni di essi, respinta con sdegno da Tim Cook nel corso della sua audizione al senato che si sta svolgendo per indagare sull’abuso di posizione dominante di alcune aziende, una vicenda che anche in Europa è al centro del dibattito, emerge da alcune mail da cui sembra che ad Amazon sarebbe stata offerta una riduzione del 50% della percentuale riscossa dalle vendite in app.
La vicenda, spiega Bloomberg, risale al 2016, quando Amazon ed Apple stavano trattando per lo sbarco di Amazon Prime Video su App Store. In quel momento pur di avere questa importante applicazione sul suo negozio Eddie Cue e il CEO di Amazon Jeff Bezos stavano negoziando direttamente la questione e in alcune mail iniziarono a discutere appunto della possibilità di ridurre dal 30 a 15% la percentuale dovuta da contratto dagli sviluppatori ad Apple per gli abbonamenti. Un accordo fu raggiunto su questa base accanto alla quale Amazon ed Apple decisero anche di integrare il servizio di Amazon con Siri. Infine anche i partner di Amazon come Showtime ebbero una riduzione dal 30 al 15% della percentuale di vendita di abbonamenti venduti da Apple.
Allo stato attuale questa riduzione sembra essere in vigore per una serie di sviluppatori che rispondono a determinate caratteristiche di un programma fissato da Apple. Tutti gli sviluppatori possono poi oggi avere una riduzione del 30 al 15% della percentuale da versare, a patto che il cliente mantenga un abbonamento anche per il secondo anno, ma nel momento in cui Apple e Amazon stavano trattando la regola del 30% sembrava fosse una sorta di regola aurea.
Se quel che traspare dalle mail che Schiller e Bezos si sono scambiati fosse confermato, sembrerebbe confermata anche l’ipotesi avanzata da qualche legislatore americano di un’azione non propriamente trasparente di Apple nei confronti degli sviluppatori favorita dal totale controllo che App Store esercita su chi fornisce i contenuti. L’ipotesi è che Apple possa contare un monopolio che le conferisce il diritto di imporre le sue condizioni oppure di cambiarle a suo piacimento quando questa operazione diventa conveniente come è accaduto nel conteso delle trattative con Amazon.