Secondo Morris Chang, il fondatore di TSMC, è finito il tempo della globalizzazione dei chip; l’anziano (91enne) presidente sostiene inoltre gli USA nella guerra dei semiconduttori contro la Cina, e ritiene giusto il freno nelle esportazioni e le sanzioni previste contro il Paese del Dragone.
“Nel settore dei chip, la globalizzazione è finita. Il libero scambio è finito”, ha riferito Chang nell’ambito di un evento che si è svolto a Taipei (Taiwan) giovedì 16 marzo. “Basta vedere come la Cina è stata sottoposta a embargo e l’elenco delle entità. E concordo con tale scelta”.
Secondo il presidente di TSMC, la catena di fornitura globale dei chip crescerà ulteriormente biforcata con gli USA che cercano di limitare l’accesso dei cinesi alle tecnologie più avanzate “e sostengo senz’altro quella parte della politica industriale americana che mira al rallentamento dei progressi della Cina”.
Secondo Chang, la Cina è almeno sei anni addietro rispetto a Taiwan nel settore dei chip, ma mette in guardia Taiwan spiegando che quest’ultima non può permettersi di agire ingenuamente nelle sue posizioni rispetto agli USA.
Quando i leader americani parlano di “friend-shoring” (in sostanza, di rilocalizzare alcune fasi della produzione in paesi amici, che condividono lo stesso sistema di valori o di interessi, ndr), Taiwan non è inclusa in queste politiche, ha spiegato Chang, evidenziando di ripetute preoccupazioni nel fare affidamento a Taiwan.
In precedenza Morris Chang aveva deplorato i costi intrinseci da sostenere per creare strutture all’estero, rispetto a quanto possibile fare “in casa”, evidenziando che servirà ancora molto tempo prima che negli USA o altre zone del mondo sia possibile creare chip con nodi avanzati come quelli attualmente offerti dalle fab taiwanesi.
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