L’amministrazione Trump ha presentato un progetto per la riduzione delle imposte societarie promettendo l’alleggerimento della tassazione dei profitti generati all’estero e una riduzione dell’aliquota corporate dal 35 al 15%.
L’obiettivo è ovviamente la crescita dell’economia americana e dei posti di lavoro, anche se non è chiaro quali saranno le coperture e il rischio è la bocciatura o meglio, il ritiro della riforma per la mancanza dei voti necessari a causa della fronda repubblicana, come accaduto con il suo progetto di abrogazione dell’Obamacare.
Tutte le grandi compagnie Usa detengono enormi quantità di denaro fuori dai confini degli Stati Uniti, per evitare di pagare le tasse su quei loro tesori. Tra queste anche Apple, per le quali il condono di Trump potrebbe essere una manna dal cielo. La Casa di Cupertino, da sola, ha 230 miliardi detenuti legalmente all’estero. Se alcuni paesi impongono alle società di pagare le tasse solo sui profitti nazionali, negli USA il prelievo fiscale è estero a tutti i redditi globali (la “World wide taxation”). Le aziende possono evitare il prelievo aggiuntivo dimostrando di aver effettuato investimenti all’estero. Si calcola che le 50 maggiori aziende a stelle e strisce custodiscono 1.600 miliardi di dollari al riparo dal Fisco americano, quanto il prodotto interno lordo dell’Italia.
Trump dice di voler riportare i profitti negli Stati Uniti per creare investimenti e posti di lavoro in casa. Questa sorta di “condono” che il presidente USA ha chiesto ai suoi consulenti dovrebbe consentire di far rientrare i profitti fatti all’estero dalle multinazionali; quest’ultime potranno usarli per ricomprare azioni proprie o distribuirli come dividendi agli azionisti. Per evitare prelievi fiscali ingenti, anziché far rientrare capitali offshore, finora Apple ha preferito utilizzare gli utili di mega bond ricorrendo al debito piuttosto che al contante per pagare il dividendo agli azionisti.