È stato uno dei protagonisti del keynote di Tim Cook delle scorse settimane. Uno dei meno notati, ma più interessanti nel lungo periodo.
Si tratta di Force Touch Trackpad il nuovo sistema di input del quale si è molto scritto ma di cui finora si sono potute leggere poche informazioni di prima mano. Eppure il punto di reinventarsi il sistema basculante per cliccare o fare gestures con un altro che invece utilizza sensori e un sistema aptico (brutta parola che significa “relativo al senso del tatto, in particolare per quanto riguarda la percezione e la manipolazione di oggetti utilizzando i sensi del tatto e propriocezione”) per simulare il movimento meccanico del vecchio trackpad sta tutto in quanto buono ed efficace sia questo sistema.
Nel concepire il cambiamento, pensato anche per diminuire nettamente lo spessore del blocco aiutando così a creare il nuovo, sottilissimo MacBook 12, Apple ha inoltre introdotto una seconda modalità di touch con maggiore intensità nella forza, che produce nuovi utilizzi.
Macitynet, nella prima fase della prova di un MacBook Pro 13 (un inizio 2015 con processore Intel Core i5 da 2,7 GHz con 8 GB di RAM, SSD da 128 GB e scheda video Intel Iris Graphics 6100) che stiamo provando, in attesa di farsi una idea complessiva su tutta la macchina, si è concentrato proprio su questo elemento per capire come va e come può cambiare il nostro modo di lavorare.
Force Touch Trackpad, come è fatta
A prima vista non c’è nessuna differenza. Chi scrive utilizza da anni macchine con le ultime versioni di questo prodotto e apparentemente è identico nelle versioni installate sui MacBook Pro che Air, oltre ad essere identico al trackpad Bluetooth per i Mac fissi o per quando si connette il portatile al monitor e lo si usa con tastiera e trackpad esterno; non solo a colpo d’occhio ma anche ad a una “ispezione tattile” non presenta nessuna differenza visibile. Stesse proporzioni, stesso colore, stesso vetro sottilissimo che copre il pannello touch.
Come abbiamo potuto tutti osservare dal video di presentazione fatto vedere da Phil Schiller, le novità stanno all’interno. Partendo da un vecchio brevetto che Apple aveva registrato alcuni anni fa (e di cui Macitynet aveva dato notizia a suo tempo) l’azienda ha fatto in modo di comprimere in uno spazio straordinario ristretto un meccanismo innovativo se si considera l’ambito di applicazione che permette fondamentalmente di fare due cose in maniera diversa.
La prima è registrare la pressione esercitata dal dito per cliccare senza utilizzare uno strumento meccanico (un ponte basculante) e la seconda è restituire il feedback sensoriale (la parte “aptica”) del movimento tramite la vibrazione di un magnete elettrico, simile concettualmente al meccanismo usato nei telefonini in modalità “vibrazione”.
Il sistema “Force Touch” secondo Apple permette di avere un clic migliorato, diffuso in modo uniforme su ogni punto della superficie del trackpad. Il clic “forte” (vedremo tra un attimo cos’è) permette di attivare nuove funzionalità, sino a questo momento presenti nel Finder, in QuickTime e in iMovie.
Abbiamo messo alla prova il trackpad mentre che mettevamo in marcia il Mac per la prova (aggiornamenti, download dal cloud delle app e dei dati) e svolgevamo altri piccoli lavori. La prima sensazione è di assoluta familiarità: si usa e ci si muove in maniera assolutamente uguale ai trackpad precedenti.
Non cambia la precisione del trascinamento o la modalità di movimento. Volendo è possibile disabilitare il Force Touch, ma in realtà la “pressione forte” o “clic forte” non entra in gioco se non spingendo molto.
Per il resto, il clic tradizionale è assolutamente normale e il feedback tattile inganna chi non sa quale sia la realtà modalità di funzionamento del trackpad. Abbiamo anche fatto un esperimento in maniera assolutamente non scientifica con due amici a cui abbiamo chiesto se sembrava loro che il trackpad funzionasse come al solito.
Ad uno abbiamo chiesto se non gli paresse che il trackpad del nostro Mac non funzionasse meglio della media e all’altro invece se non pensava funzionasse peggio (per cercare di evitare di indurre una risposta positiva o negativa). Entrambi hanno detto d’istinto che gli sembrava assolutamente uguale a quello che utilizzano da anni sul loro Mac. Nessuno ha trovato differenze né nella sensibilità del “clic” né nel suono “tac” (sintetizzato) dell’attuazione del clic.
Come funziona con le applicazioni
Veniamo alla pressione “forte”, la novità del Force Touch. Bisogna premere normalmente fino a sentire il clic e a quel punto insistere ancora un po’ premendo, anche solo leggermente più forte. Si avverte un secondo “tac” con una tonalità leggermente più bassa di quella del “tac” che si ottiene cliccando normalmente. L’idea tattile che si prova è quella di spingere una superficie oscillante un po’ più a fondo del solito, attraverso due stadi di attuazione.
Se si utilizza in una applicazione non predisposta, il Force Touch non ha effetto alcuno. Semplicemente, viene registrato il primo clic o l’azione del “tieni premuto”. Invece nel Finder l’effetto è piacevole: se ci si posiziona ad esempio su una immagine o un altro documento, con un semplice clic si seleziona, con due clic si aprirebbe, mentre con un Force Touch (il “clic intenso”, chiamiamolo così) si mostra l’anteprima del documento.
All’interno di TextEdit l’effetto è di selezionare il testo (o un paragrafo) e fare Look Up, cioè chiedere al dizionario di Apple (e agli altri servizi) ad esempio il significato di una parola, le app consigliate, le cose interessanti che avvengono nei pressi etc, proprio come si fa Spotlight. Su Safari l’effetto è interessante: Force Touch su un link e si apre una finestra-fumetto con l’anteprima della pagina linkata: non male.
Con QuickTime la modalità di utilizzo offre la possibilità di avere due velocità di avanzamento (o arretramento) veloce. Se, mentre un video avanza, ci si posiziona con il puntatore sulla doppia freccia di avanzamento rapido (o arretramento veloce) e si clicca, il video avanza a velocità 2x. Invece, con il Force Touch passa a 30x e poi 60x (dipende dal processore del Mac e dalla codifica del video).
Il gesto è istintivo soprattutto per chi è abituato al “turbo” di giochi di corsa. Invece, su iMovie abbiamo notato che la cosa è più complessa: il Force Touch qui l’abbiamo provato “a freddo” perché in questo periodo non abbiamo progetti su iMovie aperti e ne abbiamo dovuto creare uno ad hoc. Non avendo la necessità di usarlo e quindi abbiamo potuto testarlo come sarebbe stato interessante fare (e come facciamo in altre occasioni) vale a dire “sul campo”, sul computer con cui si lavora e con i dati e i progetti che servono per compiti “veri”. È l’unico modo questo, pensiamo, per avere una impressione soggettiva e al tempo stesso realistica di come funzioni un nuovo prodotto o una nuova feature.
Tornando a iMovie, l’uso da parte di Apple è differente e più interessante. Come detto, usandolo con un progetto “finto”, si sentono piccole vibrazioni quando si arriva alla fine di una clip, quando si aggancia un titolo si avverte un’altra vibrazione non appena l’oggetto entra in posizione e così via. La sensazione apparentemente è piacevole e utile ma, senza l’ansia e l’urgenza del lavoro è difficile capirne e interpretarne l’effetto psicologico, perché poi quando si parla di interfacce è di questo che stiamo parlando.
Tra oggi e domani
E arriviamo così, in conclusione di questo primo giro di prova, al tema che accennato all’inizio. Vale a dire che il Force Touch introduce una nuova dimensione di interfaccia potenzialmente vasta ed interessante.
Si tratta di un classico prodotto Apple: riprende ricerche di base fatte negli anni dai laboratori americani (MIT e altri) e le ingegnerizza in prodotti, né più né meno di quel che era successo con il multitouch dell’iPhone nel 2007, che Apple non ha certo inventato ma che ha reso determinante nel mercato da quel momento in poi. La tecnologia aptica è stata concettualizzata e ricercata da tempo, ma la forza di Apple è enorme e potrebbe renderla qualcosa di molto interessante sia su Mac che su iPhone e iPad, ad esempio.
Innanzitutto perché Apple potrebbe espanderla come funzionalità (c’è chi ha già fantasticato di MacBook con tastiera touch e feedback aptico, ma di questo per adesso ci permettiamo di dubitare) anche ad altri apparecchi, poi anche perché potrebbe introdurre modalità di utilizzo molto interessanti.
Non parlo solo degli sviluppatori, che potrebbero fare giochi con due modalità di click diversi, oppure dove si avvertono “rigidità” e “ostacoli” sullo scorrimento, per dare la sensazione ad esempio di due blocchi che si incastrano, di un ostacolo più tosto da superare, o altro. Invece, parliamo anche dell’uso nel Finder.
Le gestures sono una delle novità introdotte da Apple su Mac più importanti a nostro avviso meno considerate. Con le gestures è avvenuto il vero “divorzio” da Windows: Microsoft ha scelto (probabilmente sbagliando) di andare per la strada del touch da utilizzare con una interfaccia che deve cambiare per consentire alla gente di mettere le dita sullo schermo, mentre con le gestures Apple ha scelto di andare nella direzione di una maggiore interazione con gli oggetti e il contenuto del Mac senza bisogno di spostare le mani dalla tastiera.
Le gestures non sono clamorose o affascinanti come Minority Report, cioè come l’effetto che Microsoft ha messo nelle sue versioni Touch di Windows. Ma sono molto più profonde, innovative e importanti.
Tanto che, a chi critica Apple perché continua a non fare Mac con schermi touch o a ibridare maggiormente i due sistemi operativi (OS X e iOS) portandoli a essere uno solo, si può rispondere che in realtà Apple sta già facendo un lavoro parzialmente dietro le quinte che è molto approfondito e importante.
Un lavoro incrementale, in cui le nuove tecnologie vengono arricchite e approfondite: dettagli alle volte minimi (l’inversione della direzione dello scroll da fare sul trackpad per ottenerlo nelle finestre sullo schermo, che adesso mima il movimento della mano “sul” contenuto e che all’inizio appariva assolutamente blasfemo) ma dalle conseguenze enormi. Ruotare, zoomare, ma soprattutto “alzare” e “abbassare” con tre dita, cambiare schermo verso destra e sinistra, girare pagina ad esempio del browser in avanti o indietro, dando finalmente ragione al suo nome che tradotto vuol dire “sfogliatore” oltre che “navigatore”.
La nuova tecnologia del Force Touch sembra poca cosa vista da fuori ma bisogna subito notare che è implementata in maniera praticamente perfetta (dopotutto dovrà dare agli acquirenti dei nuovi MacBook 12 la sensazione di avere ancora il loro sistema preferito di puntamento e selezione) e che apre la porta a un sacco di possibili utilizzi, conseguenze e sviluppi. E per di più si inserisce con molta coerenza nel percorso di sviluppo della piattaforma di Apple. Non è cosa da poco, bisogna dire.