Il New York Times ritorna sulla questione dell’accordo tra Apple e Google per l’uso del motore di ricerca di Big G come predefinito su iPhone, una scelta non vista di buon occhio dal Dipartimento di Giustizia USA che nell’ultimo rapporto antitrust evidenzia quelle che sono definite tattiche illecite da parte di Google per proteggere il suo monopolio e soffocare la concorrenza.
L’esame dell’accordo tra Apple e Google, siglato 15 anni addietro, è qualcosa di cui le due aziende non parlano quasi mai pubblicamente. Bruce Sewell, consulente legale di Apple dal 2009 al 2017, ha riferito di un termine usato nella Silicon Valley per accordi di questo tipo: “co-opetition”, uno scenario di cooperazione competitiva (coopetizione), spiegando che “esiste la concorrenza selvaggia ma allo stesso tempo la necessaria cooperazione” su versanti che sono di interesse per tutte e due le aziende.
Secondo il Dipartimento di Giustizia USA, oltre la metà del traffico delle ricerche di Google arriva da dispositivi Apple, e la prospettiva che qualcuno metta fine all’accordo con la Mela è descritta come uno scenario da “codice rosso” all’interno di Big G. Quando gli utenti iPhone eseguono ricerche su Google, visualizzano gli annunci che sono uno dei business più importanti per Big G. Gli utenti sono dirottati anche su altri prodotti di Google quali YouTube, dove mostrare filmati ma soprattutto pubblicità. Un ex dirigente di Google non meglio precisato ha riferito che la perdita del traffico che arriva dai dispositivi Apple sarebbe “terrificante” per l’azienda.
Il dominio di Google tra i motori di ricerca sembra impossibile da combattere con il 92% delle ricerche mondiali che partono da Big G. Contendenti quali DuckDuckGo – motore di ricerca la cui filosofia è principalmente improntata sulla privacy – non hanno la possibilità di competere ad armi pari con Google. Si stima che Apple riceve annualmente da Google tra gli 8 e i 12 miliardi di dollari, numeri in salita vertiginosa rispetto al miliardo di dollari annuo del 2014. I versamenti a favore di Apple sono probabilmente la cifra più alta pagata da Google e rappresenterebbero tra il 14% e il 21% dei profitti annuali di Apple.
Tra le aziende ad essere in una situazione simile a quella di Apple, c’è anche Mozilla, i cui dirigenti hanno già espresso timori, sottolineando che l’offensiva legale potrebbe portare a problemi nella partnership commerciale con Big G, con “danni collaterali” causati dalla lotta contro le presunte pratiche monopolistiche di Google.