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TomTom: 1,8 miliardi di euro per Tele Atlas

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Le mappe che trovate sui vostri navigatori digitali personali o pre-installati in auto provengono invariabilmente da due fornitori: l’Europea Tele Atlas e l’americana Navteq. Domani però il fornitore quotato al mercato di Amsterdam e di Francoforte potrebbe venir inglobato dall’olandese TomTom, diventando un tassello chiave per lo sviluppo della strategie “social map” presentata recentemente a Cannes dai vertici dell’azienda.

Con una cifra di 1,8 miliardi di euro – non esattamente pochi soldi – TomTom vuole imprimere una correzione ed una accelerazione alla sua idea di utilizzare i network sociali per aumentare l’efficacia e il tempo di aggiornamento delle mappe. L’idea, come era stata presentata a Cannes, è che gli aggiornamenti di viabilità  delle mappe (strade chiuse, lavori in corso, sensi unici invertiti etc) possano essere fatti direttamente dai viaggiatori sui loro navigatori – se ne hanno voglia – e inviati via Internet a tutta la comunità  di possessori di TomTom delle ultime generazioni.

Questo potrebbe essere un modo per ottenere mappe più aggiornate tra una versione ufficiale e l’altra (che avviene a frequenza quasi annuale) e allo stesso tempo coinvolgere gli utenti generando valore stile web 2.0 anche per chi vende hardware per la navigazione in auto o in moto. Il piano, come dicevamo già  presentato qualche mese fa, aveva tuttavia bisogno di essere messo meglio a punto: serve una più stretta collaborazione con uno dei produttori di mappe. Sono due al mondo, e Tele Atlas serve sia TomTom che il suo rivale Garmin (che continuerebbe a usufruire dei servizi dell’azienda). Scelta dunque quasi obbligata per il colosso olandese TomTom che sta crescendo ala velocità  della luce e si trova ad avere una grande liquidità  in cassa.

I rischi possono venire dall’anti-trust europeo, visto che il mercato dei navigatori – per quanto non ancora enorme – è dominato da poche figure. Acquistare un pezzo, anche se appartenente allo strato superiore, della filiera, vuol dire in qualche modo compromettere la capacità  di competere delle altre aziende presenti sul mercato. Da qui il rischio di un intervento dell’anti-trust nei prossimi mesi.

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