Tim Cook passa al contrattacco: dalle pagine del Time che l’ha intervistato, il Ceo di Apple dice di essere «Offeso. Profondamente Offeso» dalle dichiarazioni ma soprattutto dalle insinuazioni che da governo e FBI trapelano su media, TV e stampa statunitensi. Il riferimento è naturalmente al caso dell’iPhone di San Bernardino e al rifiuto della Mela di collaborare allo sblocco per timore che il caso diventi un precedente, assicurando backdoor e accesso incondizionato da parte delle forze dell’ordine ai dati personali e alle informazioni sensibili di milioni di persone nel mondo, non solo negli Stati Uniti.
«Sto vedendo l’apparato di governo in un modo che non ho mai visto prima» dichiara Tim Cook che giudica non professionale l’effluvio di dichiarazioni, supposizioni ma anche di insinuazioni e persino di minacce – così sono state indicate da Bruce Sewell, responsabile legale di Cupertino – le interpretazioni da parte di governo, tribunali e FBI delle reali intenzioni di Apple sulla vicenda. Ricordiamo che solo pochi giorni fa un documento ufficiale intimava Apple alla collaborazione, in caso contrario le autorità potrebbero richiedere il codice sorgente di iOS.
Tim Cook dichiara inoltre che non si sarebbe mai aspettato di dover affrontare istituzioni e forze dell’ordine in difesa delle libertà civili: «Non mi sarei mai aspettato di trovarmi in questa posizione. Il governo dovrebbe sempre essere quello che difende le libertà civili. E qui c’è una inversione dei ruoli”. Ciò nonostante il Ceo di Apple rimane ottimista: secondo Tim Cook questa situazione è solamente temporanea e che la posizione di Cupertino alla fine vincerà.
Cook evidenzia come l’azione legale dell’Fbi sia arrivata a sorpresa, senza neanche una telefonata di avvertimento, dopo mesi di collaborazione e contatti. “Quando penso alle libertà civili, penso ai principi sui quali si fonda questo Paese. Le libertà che sono incluse nel primo Emendamento, ma anche il diritto fondamentale alla privacy”.
“Se l’All Writs Act può essere usato per forzarci a fare qualcosa che renda milioni di persone vulnerabili, dopo puoi iniziate a chiederti, se questo accadrà, che altro potrà accadere? Potremmo sentire dire che ci vorrebbe un sistema operativo per la sorveglianza. E che forse le autorità potrebbero volere l’abilità di aprire la videocamera sul vostro Mac”, continua ancora Cook.
“La questione” prosegue il CEO, “non è legata a un solo iPhone” e che indebolire la crittazione potrebbe stabilire un pericoloso precedente. “È una questione legata al futuro. C’è qualcuno a Manhattan che dice di avere 175 iPhone da sbloccare usando questo processo” (il riferimento è al procuratore distrettuale della contea di New York, Cyrus Vance).
Il primo importante faccia a faccia tra Apple e FBI avverrà in tribunale in California martedì 22 marzo, il giorno successivo al keynote di Apple dove è attesa la presentazione di iPhone SE e di altre novità.