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Tim Cook «La globalizzazione è buona ma deve essere equa»

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La globalizzazione è buona, ma non è equa. È questa l’opinione del CEO di Apple Tim Cook, espressa nel corso del China Development Forum, annuale conferenza sponsorizzata dal governo cinese, durante la quale si parla proprio di globalizzazione oltre che di cybersicurezza, cifratura, relazioni internazionali. Le persone a capo di imprese occidentali a volte partecipano a questa convention per rafforzare i legami con importanti funzionari del governo centrale cinese.

Il Wall Street Journal, a sua volta citato da AppleInsider, riferisce che Cook ha espresso la sua opinione in materia di affari esteri nel corso di un intervento di un’ora.  Nel suo discorso Cook ha detto che la globalizzazione “in generale è qualcosa di buono per il mondo” osservando però che le plusvalenze socioecomiche non sono il più delle volte equamente distribuite all’interno e tra paesi diversi. Nonostante i difetti della mondializzazione, le nazioni secondo Cook non devono però temere questo tipo di evoluzione.

“Ritengo che la peggiore cosa sarebbe – perché non aiuterebbe nessuno – dire che è una cosa negativa e per questo farne a meno” ha detto Cook. “La realtà è che si può vedere come le nazioni del mondo che isolano se stesse, non fanno il bene dei lori cittadini”.

L’argomento è spinoso per Apple, azienda statunitense che produce la maggiorparte dei suoi prodotti in Cina e con il Presidente Donald Trump che ha chiesto ad Apple di riportare in patria la produzione degli iPhone, una mossa che dovrebbe stimolare l’economia nazionale, creando in casa posti di lavoro che attualmente si svolgono oltreoceano.

Economia a parte, Cook ha parlato anche di cybersicurezza e privacy degli utenti, due argomenti molto delicati in Cina. Ripetendo cose che ha già detto in passato sulle questioni, Cook ha detto che Apple sfrutta la cifratura end-to-end per proteggere i suoi clienti dai personaggi loschi di turno. Non si è tuttavia schierato contro le policy del governo cinese in materia di cybersicurezza, con norme che obbligano le aziende a fornire alle autorità assistenza tecnica nel corso di indagini e attività che richiedono l’acquisizione di dati.

In Cina Apple non fa la voce grossa contro il governo, come spesso ha fatto in casa (ad esempio sulla questione che ha visto contrapposta l’azienda all’FBI). Cook sa bene che questi argomenti devono essere trattati con le molle: il rischio è di essere buttati fuori dal mercato, con conseguenze catastrofiche dal punto di vista commerciale. Nonostante un rallentamento generale, la Cina rimane un mercato enorme, e i politici locali sanno bene di avere di fronte grandi sfide: trasformare il modello di crescita, gestire il rallentamento, interfacciarsi con l’economia mondiale e gestire l’evoluzione politica. Avere permesso a Cook, seppure vagamente, di parlare di questi argomenti, può comunque essere visto come un segnale di crescita e di rispetto verso l’azienda.

Tornando alla questione privacy, Cook in punta di piedi ha detto che “ogni individuo dovrebbe essere padrone dei proprio dati e avere la possibilità di controllarli”, argomento già affrontato in passato, con parole anche dure, ma mai di fronte alle autorità cinesi.

In Cina Apple sta cercando di rafforzare le relazioni con il governo centrale. Cook ha in programma per lunedì un incontro con il viceministro Xu Lin, tra le altre cose a capo dell’Amministrazione del Cyberspazio e ino dei principali alleati del presidente Xi Jinping.

Il CEO di Apple Tim Cook con la vice premier cinese Liu Yandong nel 2015
Il CEO di Apple Tim Cook con la vice premier cinese Liu Yandong nel 2015

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