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Accuse di elusione fiscale ad Apple, per Cook stupidaggine della politica

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Le accuse di elusione fiscale all’indirizzo di Apple sono una manovra politica, una truffa della burocrazia, un giochetto messo in piedi da personaggi che vivono di carte bollate, in poche parole è “total political crap”: in italiano “una merda tutta politica”. Tim Cook usa proprio questo termine, decisamente forte per dire quel che pensa della forte pressione messa in campo negli Stati Uniti (ma anche altrove) per le scelte che le stanno consentendo di pagare meno di tasse di quelle che il Governo americano pensa sia giusto.

L’attacco di Cook sarà uno dei temi al centro del servizio che  “60 Minutes” , trasmissione giornalistica della rete CBS, ha in programma domani. 60 Minutes ha condiviso un’anteprima dell’intervista, un pezzo estrapolato dal documento che sarà trasmesso domenica e nel quale si vede anche il CEO di Apple, Tim Cook che, appunto, dice quel che pensa della ben nota vicenda.

L’amministratore delegato della Mela nega con forza l’idea che Apple abbia elaborato uno schema per pagare poche o nessuna tassa negli USA con le sue entrate d’oltreoceano. Cook ribatte bollando come “crap” l’idea che Apple abbia eluso il codice tributario statunitense, definito di gran lunga obsoleto. Rimpatriare i fondi negli USA non è “una cosa ragionevole da fare” a causa delle elevate imposte sulle società.

Il conduttore Charlie Rose ha stuzzicato Cook, evidenziando che Apple ha probabilmente più denaro all’estero di qualsiasi altra azienda statunitense, chiedendo perché non portarlo a casa. Il CEO di Apple ha spiegato che farlo costerebbe il 40%, rendendo l’operazione irragionevole. “È un codice tributario creato per l’era industriale.  Per quella digitale è arretrato, orribile per l’America. Sarebbe stato necessario sistemarlo molti anni addietro. È ora di farlo”.

Rose ha continuato chiedendo se è vero che Apple è impegnata in un ricercato schema che gli permette di pagare poco o nulla in tasse sui 74 miliardi di dollari che possiede oltreoceano. Cook ha risposto che non è la realtà dei fatti, e che Apple paga ogni singolo centesimo dovuto.

Più volte si è discusso del problema tasse che riguarda non solo Apple ma anche altre aziende. A febbraio di quest’anno negli USA si era parlato di una tassa minima del 19% sulle aziende con base negli Stati Uniti sui futuri guadagni all’estero e una tassa obbligatoria del 14% sui duemila miliardi di dollari di profitti offshore. La Casa Bianca appoggia un sistema con un’aliquota marginale di imposta più bassa e per i guadagni futuri realizzati all’estero una piccola tassa in più se fatti rientrare. Queste condizioni potrebbero significare maggiori tasse per le aziende che ovviamente preferiscono giurisdizione dove pagano meno del 10% sui guadagni all’estero.

Anche in Italia ed Europa, Apple è stata accusata di contabilizzare i profitti della società in Irlanda, Paese dove la pressione fiscale è più bassa. Apple che ha sempre rimandato al mittente le accuse. In un comunicato diffuso a marzo di quest’anno si leggeva: “Apple  è uno dei più grandi contribuenti al mondo e paghiamo ogni euro di tasse dovute ovunque operiamo. Le autorità fiscali italiane hanno sottoposto a verifiche fiscali le attività italiane di Apple nel 2007, 2008 e 2009 e hanno confermato che eravamo in piena conformità con i requisiti di documentazione e di trasparenza OCSE”.

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