Ci siamo: sta per entrare in sala Tim Cook. E l’emozione davanti al teatro Odeon, in una traversa dietro l’Apple Store di Piazza della Repubblica e cinema-teatro storico di Firenze, è palpabile. I ragazzi e le ragazze si accalcano, i gentilissimi signori della security indirizzano con le loro “c” aspirate tutte le persone al posto giusto. Dello staff più ristretto di Ceccherini ancora non si è visto nessuno ma tra i giornalisti e i vip adesso stanno comparendo pian piano tutti quanti. L’ora si avvicina.
L’appunamento al quale sta per partecipare Tim Cook è stato creato quasi venti anni fa a Firenze dall’allora giovanissimo Andrea Ceccherini per portare la lettura dei quotidiani in classe. Nel tempo l’Osservatorio permanente giovani-editori è cambiato, è cresciuto e si è trasformato in uno dei principali luoghi di confronto dei giovani con il giornalismo – soprattutto quella della carta stampata – e con gli editori nazionali e internazionali, permettendo a un più ampio pubblico, composto non solo da giovani studenti delle superiori di tutta Italia, di leggere il giornale ma anche ad imparare a filtrare criticamente le notizie e chiedere conto della strategia e degli obiettivi dei grandi editori italiani d’informazioni.
Oggi è il momento della verità: Tim Cook torna su un palco italiano – lo avevamo già visto un’altra volta a un evento Apple italiano pochi mesi fa – e questa volta però si confronta con temi diversi da quelli a cui siamo abituati. Fake news, responsabilità civile e sociale dei giornalisti, senso critico del pubblico, l’importanza di informarsi e di essere attenti a quel che succede.
In un periodo in cui Internet sembra avere un effetto distorsivo, creare bolle e fake news, uno dei protagonisti del mondo digitale scende in campo per parlare esplicitamente di quel che succede e soprattutto di quel che dovrebbe succedere. Vedremo tra poco cosa dirà ma soprattutto quali saranno le domande dei ragazzi e delle ragazze presenti in numero davvero notevole, rumorosi, allegri, rilassati, ma pronti a far pesare il loro essere nativi digitali, la loro millennialità.