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Tim Cook al summit tra CEO tech e politici per fermare Trump

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Uno spettro si aggira per l’America e questo spettro è Trump. Se il bisogno di debellare il capitalismo spinse Marx a scrivere il Manifesto per svegliare le coscienze dei popoli, il capitalismo (e secondo qualcuno anche la democrazia americana) sono spinti a un’azione diretta per fermare l’eccentrico miliardario nella sua corsa alla Casa Bianca e per farlo, un vero e proprio summit è stato convocato nel fine settimana, radunato dall’American Enterprise Institute, un Think Tank conservatore, in Georgia. Presenti un gruppo di politici eminentemente conservatori (teoricamente della sponda politica di Trump) insieme a manager di alto livello, quasi tutti di dichiarata fede democratica o progressista e tra questi c’era anche Tim Cook.

Nel corso dell’incontro, segretissimo e convocato in un resort isolato e molto protetto a Sea Island (lo stesso albergo che ospitò qualche anno fa un incontro del G8) si è parlato «prima di tutto come questo possa essere accaduto, come Trump possa essere diventato un candidato repubblicano alla presidenza degli USA», ha detto una fonte anonima, per poi affrontare anche il tema di un’azione per bloccarne la scalata ai delegati per la sua nomina alle primarie. A discutere di questo e probabilmente di molto altro, come detto, c’erano Tim Cook, ma anche il CEO di Google Larry Page, quello di Tesla Elon Musk e altri importanti dirigenti di aziende del mondo IT. Stando a quanto riporta The Huffington Post all’incontro erano presenti importanti politici del Partito Repubblicano, inclusi Mitch McConnell (leader della maggioranza al senato), Paul Ryan (speaker della Camera degli Stati Uniti) e Tom Cotton (senatore per lo stato dell’Arkansas e in precedenza membro della Camera dei Rappresentanti)

Il numero dei presenti e il loro livello devono essere stati molto elevati se è vero che nel fine settimana a Sea Island è atterrato 4 volte il numero di jet privati del fine settimana precedente. Di questi molti arrivavano o andavano direttamente a San Jose, la “capitale” della Silicon Valley.

Trump, lo ricordiamo, ha criticato la posizione di Apple sulla cifratura dei dispositivi, al punto di invitare gli utenti a boicottare l’azienda, parlando di una Apple “arrogante” che deve cedere alle richieste delle autorità.

Ricordiamo che moltissimi manager americani, tra cui Bezos (Amazon), Sundar Pichai (Google), e Zuckerberg (Facebook) hanno apertamente criticato Trump. Tim Cook non ha invece mai parlato di Trump; piuttosto è stato Trump, che in stile anni ’90 ama citare spesso Microsoft come un’azienda iconica e leader assoluta della tecnologia, ad attaccare Apple, accusandola di costruire le sue macchine fuori dagli USA minacciando di obbligarla a tornare negli Stati Uniti e ad aprire il suo iPhone alla polizia. In più Trump ha anche lanciato una specie di campagna di boicottaggio di Apple, proprio in conseguenza della sua resistenza alle richieste dell’FBI e l’ha fatto usando un iPhone, suscitando ilarità e sarcasmo.

Stando a quanto riporta The Huffington Post, oltre a capire, con una presentazione e ricerche di mercato evidenziate da Karl Rove (stratega ex vice-capo dello Staff presidenziale di George W.Bush), come e perché Trump ha ottenuto consenso, nell’incontro si è parlato anche di cifratura, con Cook e Cotton che hanno battagliato in modo accanito per sostenere le proprie tesi. Cotton è stato molto duro e aggressivo nei confronti di Cook al punto, riferiscono le fonti dell’Huffington Post, da mettere in imbarazzo e disagio gli altri partecipanti.

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