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Thom Yorke contro Spotify e la musica in streaming: non paga abbastanza

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Thom Yorke contro Spotify: questo è lo scenario emerso nelle ultime due ore su Twitter dove il leader dei Radiohead, in accordo con il produttore Nigel Godrich, ha deciso di attaccare il modello di musica in streaming, rimuovendo da Spotify e dagli altri servizi dischi quali l’ultimo album solista e i lavori editi con la band Atom for Peace. Il disappunto è espresso direttamente su Twitter con una serie di tweet incrociati dei due artisti, che spiegano la loro presa di posizione.

La tesi di Yorke e Godrich è che il modello in streaming non possa funzionare, soprattutto per la musica nuova. Spotify e gli altri servizi possono essere una buona cosa per ascoltare brani giù famosi e dischi datati, ma il ritorno economico successivo all’uscita di un nuovo disco è troppo limitato e incapace di finanziare a sufficienza il futuro degli artisti e delle case discografiche meno potenti.

I ricavi per gli artisti e le case discografiche sono infatti molto ridotti e rendono praticamente impossibile finanziare lo sviluppo di lavori successivi, soprattutto in un momento come quello presente, in cui l’industria musicale sta attraversando un crisi da cui non sembra esserci via di uscita. Il lancio di un nuovo album richiede ingenti risorse, risorse che la musica in streaming non è grado di raccogliere.

thom yorke contro spotify

Quello di Thom Yorke contro Spotify è però un attacco non tanto all’utilità e ai servizi offerti da un modello che lo stesso artista si affretta a considerare utile per scoprire (o riscoprire) nuova musica , ma più che altro alla sostenibilità economica dello stesso, che potrebbe mettere in ginocchio gli artisti, le etichette indipendenti, tutto a discapito dei fans.

Inoltre lo sfogo di Thom Yorke contro Spotify non deve stupire più di tanto: non è la prima volta che il leader dei Radiohead si scaglia contro la musica digitale in toto: giusto recentemente l’istrionico cantante aveva attaccato Google ed Apple, accusando le due società di aver svuotato la musica del suo valore. Difficile dunque aspettarsi una reazione differente per quanto riguarda l’emergente mercato della musica in streaming.

 

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