Cosa c’è al nocciolo dell’innovazione? Una volta nella Silicon Valley si diceva: the next big thing, l’aspettativa per la prossima, grande tecnologia che rivoluzionerà tutto. E’ la teoria delle discontinuità , dei cicli “distruttivi”, l’enfasi massima su Schumpeter (l’economista e filosofo) che vedeva nell’azienda che si sa autodistruggere e reinventare il punto di arrivo dell’evoluzione economica.
Oggi, però, tutto questo non c’è più. E a dirlo non è un guru di passaggio, un tizio qualunque che capitava da queste parti. No, è Nicholas Donofrio, capo della innovazione e tecnologia di Ibm, signore di mezza età , coi capelli bianchi, che è nato coi mainframe e vive la sua maturità con i blog e le nuove tecnologie di rete.
Seguendo quella che è un po’ una tendenza di questi ultimi mesi, l’enfasi è sui servizi, i processi i modelli di business e soprattutto l’innovazione culturale. Insomma, dice Donofrio, la vera innovazione sono le persone, non gli strumenti che usano. E questo è abbastanza radicale, anche se Ibm non è una azienda con epicentro nella Silicon Valley. Ma soprattutto, legittima in maniera forte una tendenza che si sta vedendo crescere sempre di più, ovvero l’attenzione al social software, al web 2.0 e a tutto quello che riguarda il mondo delle possibilità “umane” e non tecnologiche.
Perfetto, perché è probabilmente la società a determinare la tecnologia e non viceversa. Ma anche un rischio, perché è la tecnologia che produce delle discontinuità economicamente rilevanti nelle attività industriali. Altrimenti, si aprono possibilità di speculare su “trend” e “comunità ” che nascono con mille scopi ma non quello di far incrementare il fatturato…