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The Daily, l’ultima scommessa di Rupert Murdoch

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dIn una sola mossa, il “vecchio” Rupert Murdoch ha sparigliato ancora una volta il mercato dell’editoria. Ha stretto l’accordo che Steve Jobs cercava per lanciare il settore dell’editoria quotidiana su iPad, ha investito soldi (fino a 30 milioni di dollari, secondo quanto dichiarato) per creare dal niente una nuova redazione basata a New York con giornalisti assunti per dare info tutti i giorni sul nuovo giornale digitale arrivato ieri su iPad, ha  dichiarato che il modello di business per vendere i giornali in formato digitale e in maniera profittevole non solo esiste, ma verrà dominato dalla sua testata, The Daily.

Adesso, il giorno della verità è arrivato. The Daily è “fuori”, disponibile a tutti coloro che hanno un iPad e vogliano scaricare l’applicazione. Apple ha attivato il nuovo modello di abbonamento in-app, che ha già sollevato le prime polemiche da parte degli editori europei, e adesso sarà il mercato a dire se veramente l’idea di Murdoch ha senso. Per i primi due mesi il giornale sarà gratuito, fornirà notizie senza chiedere niente in cambio e sperando di “creare l’abitudine” nei consumatori. Poi si vedrà. 

Questa estate, quando si faranno i conti, vedremo se l’idea aveva senso oppure no. Per adesso, si possono fare alcune considerazioni preliminari. Che non sono legate alle prospettive immediate: il costo stimato del giornale è di mezzo milione di dollari a settimana, cioè 26 milioni all’anno. Per riuscire a “tenere” quella cifra e anzi, superarla, The Daily deve generare un flusso di cassa, tra vendite (99 centesimi di dollaro per una settimana di lettura, 40 dollari l’anno) e pubblicità in grado di compensare questo costo industriale fisso. E magari superarlo, in modo che, una volta pagate le tasse, ci sia anche un profitto.

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 Al primo approccio, The Daily è davvero ben fatto. Rende ad esempio le versioni dei nostri giornali obsolete, quasi ridicole. Ma c’è un senso: i giornali tradizionali hanno scelto fondamentalmente fra due strade per quanto riguarda la presentazione delle notizie. Alcuni hanno messo a disposizione semplicemente il Pdf del giornale e un flusso di aggiornamenti proveniente dalla loro redazione online, altri hanno cercato di creare un prodotto nuovo, che ibrida le notizie cartacee con quelle online seguendo una presentazione diversa. Ci vuole coraggio, i costi sono maggiori e i risultati non sempre all’altezza.

Ma c’è una cosa dei nostri giornali, come di quelli della maggior parte dei paesi europei e di alcuni negli Usa, che colpisce. Tutti quanti o quasi, con alcune lodevoli eccezioni, hanno scelto di non sviluppare internamente l’app per la visione del giornale. Hanno pagato una softwarehouse per sviluppare non solo il prodotto software, ma anche immaginare il modo in cui questo funziona e come si collega ai prodotti editoriali già realizzati all’interno del giornale. Si può vedere in Italia ad esempio scaricando le apps per iPad dei giornali minori. Il risultato è che sono tutte sostanzialmente uguali. E questo non solo livella la competizione, ma addirittura fa una cosa ancora più pericolosa: mette una delle risorse strategiche del giornale nelle mani di un fornitore esterno, che immagina, progetta, gestisce il futuro dell’informazione.

Ora, capiamoci: non è che l’app per iPad sia “il futuro dell’informazione”, ma sicuramente ha più senso che non studiare una nuova edizione cartacea magari in formato tabloid. Il passaggio al digitale è definitivo, la necessità di riorganizzare il modo in cui vengono pensate e organizzate le news, i flussi di lavoro all’interno di macchine complesse come sono i grandi giornali di tutto il mondo, richiede focus e investimenti, non l’uso di un fornitore esterno che magari nella vita fa tutt’altro e non ha mai visto un giornale neanche da lontano ma si occupa di quello come di altri cento settori industriali.

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Lo sforzo di Murdoch, il “titanico” investimento da 30 milioni di dollari, non ci dice che il vecchio tycoon è deciso ad affondare la sua News Corp cercando di raggiungere il Santo Graal dell’informazione. No, anche perché l’investimento per il suo gruppo è sicuramente minimo e gestibile, non crea disavanzi che rischiano di affondare l’azienda. Senza contare che, per quanto riguarda i nuovi giornalisti assunti, alcuni sono giovani, molti però sono “vecchi leoni” e firme eccellenti “rubate” alla stampa concorrente. Questo tanto per smentire anche i nostri neo-nati giornali, fatti tutti esordienti e spesso con ingenuità e mancanze che dimostrano la volontà non di innovare o di portare i giovani alla ribalta ma solo di risparmiare sui costi del personale.

L’obiettivo di Murdoch è quello di creare un precedente, mette un piede in maniera originale ed efficace nel nuovo mercato. Il “vecchio” viene dal mondo dei giornali (con una catena di giornali in rovina ereditata dal padre ha fatto partire il suo impero miliardario dall’Australia, una vita fa) e ha capito anche come si fa televisione, costruendo un impero basato sull’innovazione tecnologica (il digitale per la produzione, il satellite per la diffusione, i nuovi mercati dei paesi emergenti quando nessuno ci scommetteva, per l’audience). Adesso, raggiunta un’età vetusta in cui la maggior parte delle persone si riposa davanti al caminetto con un plaid sulle gambe, lui ha deciso di continuare a innovare e ha visione a sufficienza per capire cosa vuol dire “nuovo” e “innovazione”.

Cosa lascerà il Daily, se dovesse eventualmente fallire? Sarà stato il primo ad aver provato a creare qualcosa di nuovo e funzionale. Intendiamoci: altri giornali digitali e altre esperienze creative, innovative e interessanti sono già disponibili da tempo. Lo stesso Richard Branson ha cercato di creare un suo magazine, mentre grandi gruppi come Condé Nast hanno fatto fuoco e fiamme per riuscire a piazzare le proprie testate anche in formato digitale. Però Murdoch è il primo a fare un assalto coordinato: da un punto di vista della creatività, dell’innovazione, ma anche della potenza di fuoco, del progetto industriale, degli investimenti, della coerenza. Saranno necessari 50mila lettori paganti a settimana per creare equilibrio nei conti del Daily. Saranno necessarie molte cose per veder decollare il progetto di Rupert Murdoch. Però l’uomo ci prova, e non è detto che non riesca.

Difficilmente Murdoch sarà l’uomo della provvidenza per il giornalismo. Difficilmente il Daily avrà un impatto radicale dal punto di vista dei numeri del settore, in perdita negli Usa come in Europa e in Italia (proprio oggi dalle nostre parti il Sole 24 Ore non esce per uno sciopero legato a pesanti tagli ventilati dalla proprietà). Difficilmente la giornata di ieri passerà alla storia. Però è un inizio, un momento di “cronaca minore” che tra un po’ di mesi potremo valutare per capire la portata del cambiamento. Cento pagine al giorno, decine di foto, alcune anche in 3D, articoli di buon livello (ovviamente tutto in inglese), capacità di informare e “tenere” lo stile di un grande giornale. Il Daily porta questa novità: innovazione ma anche professionalità e il “passo” di un grande gruppo, in una app anziché in qualche pagina web sparpagliata. Proprio quello che finora non è stato mai stato realmente fatto dalle nostre parti.

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