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Tevanian e Rubinstein sempre più vicini

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Strani giochi gioca il destino. Strani davvero. Un giorno sei in un campo, venti anni dopo sei completamente dalla parte opposta, e il tuo mentore diventa il tuo nemico. Sarebbe da scriverne un capitolo del grande libro che racconta la storia di Apple e degli uomini e donne che l’hanno fondata e resa grande (o immiserita, a seconda dei momenti).

In questo caso particolare, la semplice notizia di cronaca finanziaria che segnala il passaggio di Avadis Tevanian ad Elevation Partners, dopo essere stato nel board di Dolby e prima ancora in quello di Tellme Networks, fa ritornare i vecchi cronisti indietro di parecchi anni. In particolare a quel 1985 quando Steve Jobs viene estromesso da Apple e decide di portare avanti un nuovo progetto: la costruzione di una società  informatica chiamata Next che avrebbe dovuto crescere fino a superare la stessa Apple.

Dentro Next ci sono due giovani ingegneri brillanti e di belle speranze. Il primo era già  un ricercatore di successo: Avadis Tevanian, detto “Avie”, di origine armena, era infatti coinvolto profondamente nello sviluppo del kernel Mach presso la Carnegie Mellon university quando Steve Jobs lo attrae nell’orbita di Next. Lo scopo è costruire la base di un innovativo sistema operativo basato su Unix per Next e poi per Apple, dove tornerà  nel 1997. Per sei anni sarà  senior vice president per il software e poi, dal 2003 al 2006 avrà  il ruolo di guidare tutto lo sviluppo del software Apple.

Proprio la visione molto forte, netta e priva di compromessi sull’architettura di Mac OS X è quella che secondo gli esperti nel tempo ha portato Steve Jobs a disinnamorarsi della sua figura. Uscito da Apple, Tevanian gira un paio di aziende prima di arrivare a Elevation Partners, come managing director. A volerlo è quasi sicuramente Fred Anderson, ex capo delle finanze di Apple, uomo di transizione fra Gil Amelio e Steve Jobs e poi uomo di punta del rinnovo dell’azienda all’inizio del secondo ciclo di Steve Jobs, infine uscito in polemica relativa alla questione delle stock options postdatate (per le quali Steve Jobs è risultato completamente estraneo).

Il secondo, giovane e brillante talento di Next è Jon Rubinstein. Ingegnere elettronico specializzato in informatica, deve tutto a Next dove comincia a lavorare dopo le primissime esperienze nello stato di New York da dove viene, e poi nella Silicon Valley. A lui si deve la costruzione degli apparecchi Next e poi lascia l’azienda quando Jobs deve chiudere la divisione hardware, per andare a lavorare altrove. Torna però con Jobs e gli altri ad Apple, nonostante avesse dichiarato di volersi prendere uno stop di alcuni anni. Arrivato quando Apple stava perdendo più di 800 milioni di dollari l’anno, Rubinstein è il motore hardware per la creazione ingegneristica praticamente di tutti i prodotti Apple della riscossa: dall’iMac agli iBook, fino a Titanium e PowerBook, lavorando con processori G3, G4 e G5, oltre a semplificare la linea sovrabbondante di prodotti realizzati nella precedente gestione Apple. Ultimi incarichi sono quelli relativi alla creazione dell’iPod.

Rubinstein, uscito da Apple nel 2006, diventa nel 2007 il Ceo di Palm, nonché il suo uomo di punta per la ricerca, lo sviluppo e l’ingegnerizzazione. In pratica, diventa l’uomo-chiave di tutta l’azienda. E il suo lavoro paga, realizzando sia la piattaforma software di WebOS che il PalmPre. Il lavoro di Rubinstein, se non è rivoluzionario, comunque ha la capacità  di arrivare in porto, a differenza di quel che stava succedendo in anni di stati e di progetti annunciati e mai realizzati dalla precedente dirigenza.

Oggi i due uomini, insieme a Fred Anderson, si ritrovano a poca distanza se non altro da un punto di vista professionale. Dopo aver lavorato insieme per due decenni, un pezzo del team di Apple si ricrea infatti attorno a Palm e al private equity Elevation Partners. Anche se Tevanian assicura che si prenderà  cura degli investimenti fatti soprattutto presso gli altri clienti della private equity firm, non c’è da dubitare che gli investitori si sentano più felici sapendo che gioca per la loro squadra una parte fondamentale del “dream team” messo insieme da Steve Jobs per far ripartire un colosso come Apple, facendolo prima uscire dalle secche e poi mettendolo in cima al listino di Wall Street e alle classifiche di Wall Street (sino a vedere la nomina di Ceo del decennio per Steve Jobs).

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