Facebook è sfruttato da trafficanti e rivenditori di armi per mostrare e piazzare la loro mercanzia in nazioni in cui è presente il gruppo terroristico del cosiddetto Stato Islamico. Questa sorta di nuovi bazar, spiega il New York Times, sono tipicamente riservati ai soli membri di gruppi chiusi all’interno dei quali si vende di tutto: dalle pistole, alle granate, per arrivare alle mitragliatrici pesanti e ai missili guidati.
Nella sola Libia dal 2014 ci sono stati 97 tentativi documentati di trasferire in modo non regolamentato missili, lanciagranate, razzi e fucili d’assalto sfruttando i gruppi Facebook. Tra le armi vendute, anche il componente di un sistema difensivo anti-aereo proveniente da un saccheggio a istituzioni libiche dopo la morte di Gheddafi nel 2011.
In Iraq gruppi clandestini su Facebook vendono un assortimento infinito di armi fornito inizialmente dal Pentagono alle autorità del paese: carabine, fucili di assalto, pistole mitragliatrici e pistole. Situazione simile anche in Siria dove un “rivenditore” con un account WhatsApp arriva a proporre un missile anticarro dello stesso tipo che gli USA forniscono ai gruppi ribelli.
I rivenditori di armi violano, ovviamente, le policy del social che vieta espressamente la vendita di questi oggetti. “Gli standard Standard della comunità di Facebook non consentono l’acquisto, la vendita o lo scambio di armi da fuoco da parte di rivenditori non autorizzati” si legge nelle clausole, ma l’enorme numero di utenti rende non troppo complicato sfuggire ai controlli. Per questa ragione Facebook si affida principalmente alle segnalazioni da parte di chi viene a conoscenza di questi gruppi e della loro attività illecita.È lo stesso sistema usato per individuare gruppi che pubblicano e scambiano materiale pedopornografico e che in passato si è dimostrato poco tempestivo ed efficace.
Per avere maggiori informazioni sul commercio illegale di armi su Facebook, vi consigliamo di leggere l’informato e molto vasto servizio pubblicato sul New York Times.