I fratelli Durov hanno deciso: l’app di messaggistica Telegram lancerà presto una piattaforma di aste di nomi utente. Altri elementi dell’ecosistema Telegram, tra cui canali, adesivi o emoji, potrebbero in seguito entrare a far parte di questo nuovo mercato.
La domanda alla quale Pavel Durov, il fratello più imprenditore, pensa di aver trovato risposta è molto semplice: paghereste per un nome utente sui social media? Telegram spera di sì.
Cosa sta preparando Telegram
L’app di messaggistica infatti ha deciso di lanciare una piattaforma di aste di nomi utente sulla blockchain The Open Network (TON). La dichiarazione ufficiale è uscita sul canale dell’azienda nei giorni scorsi. Il fondatore di Telegram Pavel Durov ha comunque anticipato l’idea del progetto già ad agosto, ispirandosi al successo di una recente asta TON per i nomi utente che avevano riservato. Alcuni, tra cui “casino.ton”, sono stati venduti per oltre 200mila dollari.
“Se TON è stata in grado di ottenere questi risultati – ha detto Durov – immaginate quanto successo potrebbe avere Telegram, con i suoi 700 milioni di utenti, se mettessimo all’asta i nomi utente riservati, i link dei gruppi e dei canali”. Ma Durov non ha intenzione di fermarsi qui: “Altri elementi dell’ecosistema Telegram, tra cui canali, adesivi o emoji, potrebbero in seguito diventare parte di questo mercato”, ha detto.
Pagare per i nomi utente non è una novità. Secondo il market tracker di Non Fungible, oltre mezzo milione di persone ha pagato per i nomi utente su Ethereum attraverso l’Ethereum Name Service (ENS). E più in generale si avverte non solo che il mondo web sta preparandosi a migrare a una logica di tipo web3, decentrata e basata su crittografia distribuita e blockchain, ma che anche i big stanno rendendosi conto che prende forma l’idea di una identità unica e distribuita delle persone.
La possibilità di creare quelle che sono chiamate “handle”, maniglie, cioè nomi proprio degli utenti che servono non solo per fare login ma anche per identificare le persone attraverso social diversi. Nei giorni scorsi Youtube ha infatti annunciato proprio questa novità: la possibilità di inserire degli handle degli utenti in modo tale da poter linkare le persone da un contesto all’altro, proprio come accade ad esempio nelle chat di Whatsapp e Telegram o su Twitter.
Cosa succederà
Non è dunque solo un fenomeno del web3. Il motivo per cui accade è legato al fatto che la parte abitata della rete sta diventando enorme. Miliardi di persone entrano e le combinazioni di caratteri che possono essere associate alle identità diventano sempre più scarse. La conseguenza è che è sempre più difficile ottenere il nome utente desiderato su piattaforme come Twitter e Instagram e alcuni si stanno dando da fare per ottenerlo. Suggerimenti e trucchi online suggeriscono di tutto, dalla richiesta alle piattaforme di riassegnare i nomi utente inutilizzati a elaborati schemi di copyright.Altri si spingono oltre. Alcuni servizi ottengono i nomi dei social media addirittura violando il proprietario originale.
Telegram aveva iniziato a esplorare soluzioni blockchain e a lavorare sull’allora Telegram Open Network nel 2018. Più tardi, nello stesso anno, ha raccolto 1,7 miliardi di dollari in una vendita privata di token TON. Nell’ottobre 2019 la Securities and Exchange Commission statunitense l’ha accusata di aver condotto un’offerta di titoli non registrata e ha citato in giudizio Telegram. Nel 2020, sotto la pressione delle autorità di regolamentazione, Telegram ha abbandonato il progetto.
Il futuro di Telegram
Gli sviluppatori open source però hanno continuato a lavorare sul progetto. Nel 2022, il progetto è stato ribattezzato The Open Network con una main-net attiva e pienamente operativa.
Durov pare essere da un lato convinto che sia possibile fare molto con il suo social network in forma di app per le chat (viste le polemiche con Whatsapp), ma dall’altra forse è anche alla ricerca di fondi con una certa urgenza. Miliardario per aver venduto tutto (possedeva un social network russo) ed essere uscito dalla Russia dove era ricercato assieme al fratello ed essersi rifugiato a Dubai dove vive con un notevole agio, dice di finanziare di tasca sua Telegram ma è da sempre alla ricerca di un possibile modello di business che ancora, dopo il fallimento dell’asta TON appare decisamente elusivo.
Da poco Telegram ha aggiunto la pubblicità e profili a pagamento per accedere a funzioni migliori ma non sembra che queste soluzioni abbiano avuto il successo sperato.