La Commissione Europea vuole vederci chiaro sulle pratiche di “ottimizzazione” fiscale di Apple in Irlanda. La RTÉ, la radio-televisione pubblica irlandese, ha annunciato che Joaquin Almunia, commissario europeo per la concorrenza, avvierà, con un annuncio formale forse già domani, un’indagine per verificare gli accordi tra la Mela le cui sede europea è a Cork, Irlanda, e il governo dell’Isola.
L’operazione deriverebbe da una serie di azioni condotte nei mesi scorsi dall’ufficio del commissario alla concorrenza Joaquin Almunia e con le quali si mirava a soppesare gli accordi riservati alle multinazionali nei vari paesi, Irlanda inclusa. Il governo irlandese era finito nel mirino dopo che era stato pubblicamente accusato anche nel corso di una seduta di una commissione del senato americano, di alimentare un meccanismo di elusione fiscale. Il governo irlandese aveva respinto le insinuazioni definendo il sistema fiscale del paese come «aperto, trasparente e perfettamente rispondente alle normative statutarie dell’Ue». Successivamente il primo ministro irlandese, Enda Kenny, aveva invocato una «risposta internazionale alla questione», rilevando che la legislazione irlandese è eticamente coerente e di essere intenzionato a difenderla in maniera decisa e vigorosa.
Le agevolazioni concesse dal governo irlandese ad alcune grandi aziende americane, tra cui appunto anche Apple, che accentrano le loro operazioni nel piccolo paese dell’arcipelago britannico, ottenendo in cambio di pagare aliquote fiscali minime, hanno suscitato proteste negli altri paesi dell’Unione che si vedono sottrarre risorse importantissime. Come questo avvenga è cosa nota: le società che operano localmente nei vari paesi europei acquistano i prodotti che mettono in vendita dalla filiale irlandese. Così mentre Apple Italia, Apple Germania, Apple Francia, e così via, chiudono in sostanziale pareggio il loro bilancio, dovendo di conseguenza fiscalmente poco o nulla ai governi locali, chi guadagna è Apple Irlanda, che però paga al governo dell’Isola un misero 2% in tasse.
In numerosi paesi europei (e non solo), Italia inclusa, nel corso degli ultimi mesi questa politica è finita nel mirino dell’autorità fiscale e anche dei magistrati con l’accusa di frode fiscale. Nel 2013 Apple ha pagato 8 milioni di euro in tasse, a fronte però di 300 milioni di euro di fatturato.
Che questo sia illegale sono in molti a dubitarne, ma che la situazione, in qualche modo tollerabile in un periodo di vacche grasse, stia diventando insopportabile per i governi alle prese con deficit di bilancio sempre crescenti è indubitabile, anche perché Apple non è certo l’unica a perseguire questo metodo tra le grandi multinazionali. Di qui la volontà di modificare le leggi, cominciando però a valutare se nel comportamento del governo irlandese si conforme o meno alle norme che regolano il patto dell’Unione.