Era il 1967, cinquant’anni fa. E negli Usa un trentenne laureato in biochimica al MIT di Boston con la passione per i viaggi, che aveva da poco creato una società di analisi di mercato per i paesi emergenti (l’International Data Corporation), decise di lanciare un settimanale di tecnologia. Patrick J. McGovern Jr aveva capito partecipando a una fiera di tecnologia informatica che c’era un mercato per quel mondo e che, soprattutto, mancava una pubblicazione dedicata.
Il 21 giugno del 1967 uscì il primo numero di Computerworld, che cercava di anticipare i tempi di un boom della tecnologia informatica aziendale e poi personale che non si sarebbe più fermato. L’IDC di McGovern sarebbe diventata il braccio di ricerca dell’International Data Group, che avrebbe creato un vero e proprio impero: 300 pubblicazioni in 97 paesi, 460 siti web di informazione, più di 700 eventi l’anno. Computerworld avrebbe dato il via a una serie di pubblicazioni affini: Network World, InfoWorld, PCWorld, CIO, CSO, e l’agenzia IDG News. Nel 1980 McGovern fu uno dei primissimi a fare addirittura una joint venture in Cina, creando la IDG della Repubblica Popolare.
Tra l’altro, per un paradosso della storia, la China Oceanwide Holdings Group e la cinese IDG Capital hanno annunciato di voler comprare il gruppo IDG, il cui fondatore purtroppo è scomparso nel 2014..
Ovviamente tutto questo è stato importante non solo per la tecnologia in generale ma anche per il mondo Apple in particolare: da Macworld (la rivista, oggi divenuta solo sito web in inglese e gestita da un altro editore) al Macworld Expo e Apple Expo (i due eventi, uno americano e l’altro europeo a Parigi, sul mondo Mac dove avevano luogo i primi, famosi keynote di Steve Jobs).
MacGovern, che è stato veramente un personaggio notevole, ha sempre gestito le sue attività dall’area di Boston. Colleghi e dipendenti raccontano che fosse un vortice di iniziative: uomo da venti o trenta telefonate all’ora, che non era contento se non era occupato: e teneva in piedi una decida diversa di dossier contemporaneamente, saltando da uno all’altro senza tregua. Aveva strutturato il suo impero editoriale e di consulenza con la forma più “orizzontale” e decentralizzata possibile, assumendo tantissimi neolaureati del MIT di Boston. Visto la sua straordinaria capacità di multitasking, riusciva a tenere le fila della complessità di un sistema non gerarchico adattandosi lui costantemente ai bisogno e alla richieste delle diverse aree di business in tutto il mondo.
Come tutte le storie di successo americane, McGovern è diventato molto ricco ma è stato anche un benefattore, lasciando in beneficienza e per la ricerca scientifica una buona parte del suo patrimonio. Sempre affascinato dalle ricerche sul cervello, fin dai tempi dell’università, nel 2000 ha donato con la moglie Lore Harp McGovern, un lascito da 350 milioni di dollari al MIT per creare il McGovern Institute for Brain Research.
Mentre l’istituto di ricerca va avanti più che bene, il suo business nel tempo ha subito alti e bassi. Fino a subire, in anni recenti, l’impatto frontale della crisi dell’editoria che è cominciata nel settore degli specializzati. Tra i primi a capire che fosse necessario muoversi nel web, il gruppo creato da McGovern ha sofferto comunque le differenti dinamiche economiche della rete rispetto a quelle dell’editoria tradizionale.
In ogni caso, per cinquant’anni la pubblicazione simbolo del gruppo, Computerworld, è stata sempre presente se non altro in lingua inglese per poter svolgere il ruolo di orientamento del mercato IT professionale. La vendita all’azienda cinese è l’inizio di un nuovo capitolo per la pubblicazione americana.