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Taiwan: il piano segreto Usa in caso di attacco cinese

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Il Nikkei, la pubblicazione giapponese che controlla un buon numero di testate in Asia e fuori, ha trovato un rapporto di ricerca dell’US Army War College relativo alle contromisure in caso di invasione cinese di Taiwan (l’ex isola di Formosa che Pechino considera parte della Cina continentale mentre nel resto del mondo viene considerato un paese sovrano).

La misura più importante, dal punto di vista della tecnologia, è quella che prevede la distruzione delle fabbriche di TSMC, il produttore di componenti elettronici e microchip all’avanguardia che fornisce i processori e altro ad Apple. Nel piano “Broken nest”, “nido distrutto”, l’obiettivo finale però è un altro: usare la minaccia della distruzione delle fabbriche di TSMC come forma di deterrenza per impedire l’invasione cinese dell’isola.

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Una strana strategia

Gli autori del rapporto sostengono che di fronte alla crescente potenza e sofisticatezza militare della Cina, è improbabile che le minacce o le dimostrazioni dell’esercito americano funzionino e qualsiasi conflitto effettivo sull’isola potrebbe essere effettivamente vinto dalla Repubblica popolare cinese. La partita potrebbe cioè essere già perduta e questo vorrebbe dire che la Cina non avrebbe alcun incentivo a restare a casa sua e potrebbe considerare la vittoria su Taiwan “una passeggiata” dal punto di vista militare.

Invece, il documento, “Broken Nest: Deterring China from Invading Taiwan”, suggerisce un approccio “broken nest” o “nido spezzato”, in cui Taiwan distruggerebbe la propria industria dei semiconduttori, soprattutto la fondamentale fornitrice planetaria chip TSMC, appena si avesse l’avvertimento di qualsiasi invasione dalla Cina. La mossa, secondo strateghi, servirebbe per renderla un obiettivo meno attraente e far naufragare le ambizioni tecnologiche della Cina.

Una tale mossa (e rendere chiara tale politica agli aspiranti invasori) sarebbe un modo per scoraggiare potenzialmente gli aggressori senza minacciare un conflitto diretto e potrebbe potenzialmente essere più un deterrente della minaccia (o effettivamente impegnarsi) in una guerra aperta.

«Gli Stati Uniti e Taiwan – dice il rapporto di ricerca – dovrebbero pianificare una strategia mirata a fare terra bruciata di tutto, cosa che renderebbe Taiwan non solo poco attraente se mai presa con la forza, ma anche molto costosa da mantenere. Questo potrebbe essere fatto in modo più efficace minacciando di distruggere le strutture appartenenti alla Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), il più importante produttore di chip al mondo e il più importante fornitore della Cina».

Il documento suggerisce che gli Stati Uniti e Taiwan dovrebbero sviluppare una strategia congiunta di “deterrenza mediante punizione” in modo che, anche se Taiwan potrebbe essere conquistabile a breve termine, la sua cattura provocherebbe “costi economici, politici e strategici inaccettabili per Pechino”.

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A chi conviene farlo?

Distruggere il settore dei semiconduttori “immobilizzerebbe l’industria high tech cinese esattamente nello stesso momento in cui la nazione venisse coinvolta in uno sforzo bellico”. E per rendere credibile uno scenario del genere, gli autori suggeriscono di sviluppare un “meccanismo automatico” attivato una volta confermata un’invasione. Una sorta di controllo che non può essere fermato neanche dai taiwanesi.

«Se eseguita correttamente, una tale strategia – è scritto nel rapporto – potrebbe scoraggiare un’invasione cinese di Taiwan riducendo allo stesso tempo le possibilità di un conflitto indesiderato tra grandi potenze».

L’articolo è stato scritto da Jared M. McKinney e Peter Harris. McKinney è il presidente del Dipartimento di Strategia e Studi sulla Sicurezza presso la School of Graduate Professional Military Education, Air University, e cura il Journal of Indo-Pacific Affairs. Peter Harris è professore associato di scienze politiche presso la Colorado State University e redattore di Indo-Pacific Perspectives del Journal of Indo-Pacific Affairs.

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Singolari coincidenze

Il 23 dicembre il sito web dell’Ufficio per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato cinese ha pubblicato un articolo in cui si osservava che “la ricerca della riunificazione attraverso lo Stretto da parte della terraferma non è assolutamente una buona cosa per TSMC”.

Taiwan, ufficialmente Repubblica di Cina (ROC), è indipendente dalla Cina continentale (Repubblica Popolare Cinese) da quando il Partito Comunista Cinese ha spodestato Chiang Kai-shek e il suo governo nazionalista nel 1949. La RPC opera secondo la sua “One China Policy” e vede Taiwan come parte del suo territorio; anche la ROC vorrebbe la riunificazione, ma non sotto il regime comunista.

Gli Stati Uniti hanno inserito nella lista nera un certo numero di aziende tecnologiche cinesi nel tentativo di ostacolare le ambizioni del paese. Negli ultimi anni hanno aggiunto una serie di produttori di computer ad alta performance, produttori di chip e produttori di server e apparati di rete ai loro elenchi di entità sulla black lista, il che significa che le aziende statunitensi (e le aziende che utilizzano la tecnologia statunitense) non possono fare affari con quelle società. La Cina sta cercando di aumentare la sua produzione interna di chip di fronte alle sanzioni.

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Perché TSMC

In questo senso l’importanza strategica di TSMC è enorme e sarebbe il reale motivo per il quale la Cina, al di là del prestigio, potrebbe voler invadere Taiwan.

Ma la perdita dei produttori di chip sarebbe un problema molto grande anche per il resto del mondo e per Apple in particolare, che si approvvigiona direttamente da TSMC. Ci sono probabilmente numerosi piani di contingenza per far fronte a una eventualità del genere ma anche progetti per trasferire le fabbriche di TSMC all’estero. Piani ostacolati però dal management e dagli azionisti dell’azienda, che vogliono mantenere il controllo della tecnologia e che temono i rischi di spionaggio industriale e concorrenza sleale anche da parte degli americani nel caso di un trasferimento in Occidente.

Non bisogna neanche dimenticare che TSMC si poggia su una filiera di fornitori altamente specializzati e utilizza macchinari tali da non poter facilmente “portare via” semplicemente la sua produzione da Taiwan.

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