Ibm porta Swift nel cloud dando la possibilità agli sviluppatori di creare applicazioni pensate appositamente per questo tipo di servizi. L’annuncio è arrivato Big Blue, il colosso dell’informatica che sta investendo sempre più fortemente sul cloud “ibrido” e “privato” (e che recentemente è arrivato ad occupare la posizione numero uno di mercato in questi due settori, scavalcando Amazon Web Services) e che ha da tempo messo in piedi una alleanza con Apple che copre vari aspetti oltre a quello relativo al nuovo linguaggio di programmazione di Apple, Swift.
Con l’annuncio della possibilità di scrivere applicazioni “server side”, usando il linguaggio che oggi è principalmente impiegato per le applicazioni iOS, l’alleanza tra Apple ed IBM fa un salto di qualità significativo.
Come abbiamo già spiegato in questo articoli, Macity sta partecipando all’evento InterConnect di Ibm, in corso in queste ore a Las Vegas presso i due centri per convegni dell’hotel Mgm Grand e del Mandalay Bay. Nella prima giornata aperta alla stampa, dopo che ha fatto la sua comparsa sul palco il responsabile marketing dei prodotti di Apple, Brian Croll, il vicepresidente a capo delle strategie cloud di Ibm, Robert LeBlanc, ha spiegato che la messa in open source di Swift è stata fortemente voluta anche da Ibm, che ha intenzione di investire pesantemente sia sullo sviluppo del linguaggio di programmazione di Apple che sulla sua diffusione e utilizzo.
Proprio da questo punto di vista è importante notare anche l’altro annuncio “tecnologico” di Ibm: portare Swift nel cloud. Cioè, gli sviluppatori che svilupperanno applicazioni per Mac, iPhone, iPad, watchOS e tvOS potranno utilizzare Swift come base per accedere ai servizi cloud di Ibm. In termini pratici sarà possibile scrivere applicazioni che funzionano sia sul fronte dell’utente che sul fronte server impiegando lo stesso linguaggio invece che essere costretti ad usare due differenti linguaggi, accelerando la creazione di applicazioni per le imprese.
La scelta da parte di Ibm di Swift come linguaggio di programmazione è dettata dal bisogno di avere un sistema potente e “nuovo”, che semplifichi la vita agli sviluppatori, porti con sé un ambiente di sviluppo robusto (finora Ibm ha supportato soprattutto Eclipse per Java, ma con risultati alterni) come Xcode, conosciuto da milioni di programmatori e capace di fornire app che girino sul “bare metal”, direttamente sul ferro delle macchine: la compilazione da Swift produce codice ottimizzato per girare a velocità comparabili a quelle del C++ su Mac e apparecchi post-Pc, e adesso con la messa in open source e la portabilità su Linux, anche sui server Ibm.
Ibm diventa così il primo fornitore di servizi cloud a permettere lo sviluppo di app per il business con Swift e questa mossa è vista in maniera positiva perché l’ampia base di sviluppatori già esistenti potrà, se vuole, muoversi anche in questo ambiente cloud e verso clienti aziendali.
Tra l’altro durante la conferenza è emerso anche che, nonostante siano già migliaia le app sviluppate integralmente con Swift, in realtà è Ibm il maggior utilizzatore del linguaggio. La base per lo sviluppo delle app aziendali lato client, che Ibm sta semplificando per rendere il processo più facile alle grandi aziende, è basato su una piattaforma intermedia costruita con Swift. La logica marketing di Ibm, che vuole sbloccare il valore contenuto all’interno dei server già acquistati dalle aziende offrendo maggiori possibilità di utilizzo e sviluppo.
Il cloud non arriva solo in maniera tradizionale, cioè con un sistema che permette di scrivere (Xcode) e poi lo spostamento sul cloud, ma con la Swift Sandbox, una console nel browser in cui gli sviluppatori possono testare il proprio codice “live” direttamente verso il server. Inoltre Ibm ha sviluppato un meccanismo che consente lo sviluppo e la distribuzione delle app usando sia i servizi Bluemix che i pacchetti forniti tramite il cloud Ibm con lo Switch Package Catalog, una specie di marketplace semplificato simile a quelli costruiti da altri fornitori di servizi cloud.
La strategia di Ibm arriva quindi non per prima ma ha la particolarità di puntare moltissimo su Apple e sulle sue tecnologie. Da quelle tablet e telefoniche, cioè iPad e iPhone, sino a quella dei Mac, ultimo annuncio di una fornitura di MacBook Pro e Air per Big Blue che dimostra come l’azienda americana voglia capitalizzare sulla sua “libertà” parziale dalla produzione hardware (il business dei ThinkPad è stato venduto anni fa alla cinese Lenovo) e muoversi più rapidamente sul mercato.
Da questo punto di vista, la risposta è notevole: da quando Apple ha messo Swift in open source più di 100mila sviluppatori in tutto il mondo hanno usato la Swift Sandbox di Ibm per testare il proprio codice in più di mezzo milione di esecuzioni.
Ibm gioca la carta dei servizi cloud integrandola con gli end point e questo spiega gli acquisti dei mesi scorsi, a partire dal sito Weather.com e altri fornitori di intelligenza e dati dal cloud: nelle demo durante la conferenza si è mostrato come l’accesso ai servizi di Watson (il “cognitive computing” di Ibm) e alle altre basi dati permetta di costruire app in pochi minuti, portando sul cloud parte della logica di esecuzione (ad esempio i filtri sui dati di una app che cerca hotel entro una certa distanza o per nome, riducendo l’overhead del sistema in locale).
Ibm ha presentanto infine Kitura, un progetto di web server open source scritto in Swift sia per OS X che per Linux che rende possibile sviluppare in tempi rapidi applicazioni end-to-end su Bluemix, con modalità di deploying aziendale impossibili fino a poco tempo fa.