Apple è stata citata in giudizio per avere rifiutato di accettare sull’App Store un’app di contact tracing per il COVID-10. La causa, depositata presso l’U.S. District Court per il distretto del New Hampshire, riguarda una applicazione per smartphone denominata “Coronavirus Reporter” che Apple ha rifiutato di distribuire sull’App Store a marzo del 2020.
Stando a quanto si sostiene nell’azione legale, Coronavirus Reporter sarebbe stata sviluppata da un team di medici e informatici nel febbraio del 2020 per “catturare e ottenere importanti dati biostatistici ed epidemiologici”, appena l’utente sa di essere positivo.
Il team che ha sviluppato l’app, riferisce Appleinsider, ha completato lo sviluppo il 3 marzo, più o meno lo stesso periodo nel quale Apple ha cominciato a rifiutare sull’App Store app non create da “riconosciute entità mediche, governi o altre istituzioni ufficiali”.
A metà marzo dello scorso anno, Apple ha ribadito il suo impegno di voler rendere l’App Store un “un luogo sicuro e affidabile”, riferendo che le app legate in qualsiasi modo al coronavirus, sarebbero state valutate “criticamente”, al fine di garantire la sicurezza nella gestione dei dati, e che gli sviluppatori che presentano queste app dovevano essere riconosciute entità, quali organizzazioni governative, note ONG che operano nel settore della salute, aziende accreditate nell’ambito sanitario, istituzioni mediche o educative.
Dopo il rifiuto di Apple di accettare l’app “Coronavirus Reporter”, gli sviluppatori dell’app hanno presentato ricorso. L’app è stata ad ogni modo rifiutata di nuovo 20 giorni dopo, non essendo – secondo Apple – sostenuta da nessuna riconosciuta azienda del settore sanitario e perché “l’accuratezza dei dati generati dagli utenti non è verificata da una fonte attendibile”.
Nella citazione si afferma che Apple ha permesso un mese dopo ad altre app simili di arrivare sull’App Store. Si punta il dito anche contro il framework per le notifiche di esposizione progettato da Apple e Google, indicato come “di gran lunga un fallimento”.
Il sistema progettato da Apple e Google è stato progettato mettendo la privacy e la sicurezza al primo posto. Dopo l’attivazione, il sistema Notifiche di esposizione genera un ID casuale per il proprio dispositivo; questi ID casuali cambiano ogni 10-20 minuti per garantire che non possano essere usati per identificare l’utente o la su posizione. Il telefono e i telefoni nell’ambiente in cui ci troviamo lavorano in background per scambiarsi tramite Bluetooth questi ID casuali che garantiscono la tutela della privacy. Non è necessario avere l’app aperta affinché questo processo possa avvenire. Il proprio telefono confronta periodicamente tutti gli ID casuali associati a casi di positività al COVID-19 con il proprio elenco. Se viene trovata una corrispondenza, un’app è in grado di fornire ulteriori istruzioni dell’autorità sanitaria pubblica locale per la nostra sicurezza e per quella delle persone nell’ambiente in cui ci troviamo.
Le app di terze parti che vogliono sfruttare le API per la notifica delle esposizioni devono rispettare le regole imposte da Cupertino.
Nella citazione in giudizio si sostiene che Apple avrebbe bloccato l’app Coronavirus Reporter nel tentativo di detenere un monopolio nelle applicazioni di contact tracing. In più, si afferma che la possibilità per Apple di “decidere in modo arbitrario quali applicazioni possono o non possono essere pubblicate, determina notevoli effetti anticoncorrenziali”.
Nella citazione in giudizio si afferma che le scelte di Apple costituiscono una violazione dello Sherman Act (la nota prima legge federale emanata in risposta a quella che appariva essere una concentrazione del potere economico in grandi gruppi industriali). L’obiettivo è un’ingiunzione per presunti comportamenti anticoncorrenziali; sono stati chieste compensazioni per 75.000$ e un’ingiunzione permanente restrittiva che impedisca ad Apple di “limitare applicazioni ragionevoli”.
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