Facebook ha delle linee guida, finora rimaste segrete; si tratta di dettami per decidere ciò che è pubblicabile o no dai suoi 2 miliardi di utenti. Le linee guida segrete del social sono state individuate dal britannico Guardian, una scoperta che fomenterà le polemiche sul ruolo e l’etica dell’azienda di Mark Zuckerberg.
Il Guardian afferma di avere visionato oltre 100 manuali interni usati nell’addestramento per il personale del social, fogli elettronici e diagrammi di flusso che consentono di avere una visione senza precedenti delle linee guida dell’azienda relative a temi quali violenza, incitamento all’odio, terrorismo, pornografia, razzismo e autolesioni. Il social blu ha guide persino su temi quali partite truccate e cannibalismo.
Dai documenti visionati emergerebbe che i dirigenti hanno tentato di reagire a problematiche quali il “revenge porn” (la pratica di pubblicare – senza il suo consenso – foto intime dell’ex fidanzata/o per vendetta o sminuire/deridere una persona pubblicando foto e video di atti sessuali); i moderatori del social sarebbero inondati da richieste di verifiche e a quanto sembra spesso hanno “solo 10 secondi” per decidere cosa fare.
Secondo una fonte del giornale, la mole del materiale che bisognerebbe controllare è talmente elevata al punto che semplicemente molte cose sono fuori controllo. “È cresciuto troppo e troppo in fretta”. Molti moderatori affermano di essere preoccupati dall’incoerenza e peculiare natura di alcuni criteri dettati dall’azienda. Il problema riguarda, ad esempio, contenuti a carattere sessuale, spesso complessi e fuorvianti.
Da un documento si evince che Facebook riceve 6.5 milioni di segnalazioni a settimana relativi a falsi account, indicati come “FNRP” (fake, not real person). Ricorrendo a migliaia di slide e immagini, il social ha stabilito delle linee guida temute da chi ritiene che Facebook deve essere considerato alla stregua di un editore e dovrebbe rimuovere a prescindere contenuti che incitano all’odio, offensivi e violenti.
Le regole interne di Facebook preoccupano anche i diversi della libertà di espressione, preoccupati che il social si trasformi nel più grande censore al mondo. Sia chi spinge verso un maggiore controllo, sia chi vorrebbe maggiore libertà, spinge ad ogni modo il social a diventare più trasparente.
Tra le istruzioni che il social ha inviato ai moderatori: l’indicazione di eliminare post con commenti nei quali si parla di “sparare a Trump”; si è liberi di usare espressioni del tipo: “Spezza il collo di questa p…a, spingendo con forza al centro della gola”; lecite anche espressioni quali “Vaffanculo e crepa”, considerata “una minaccia non credibile”.
I filmati nei quali sono mostrate violenze, benché segnalati come “minacciosi”, non sempre vengono cancellati perché secondo chi ha stabilito le regole del social, possono creare consapevolezza su problematiche quali la malattia mentale.
Alcune foto di abusi non sessuali e atti di bullismo da parte di ragazzi non sono cancellate o “sanzionate” salvo che non vi siano elementi di sadismo o celebrazione.
Le foto di abusi su animali possono essere condivise, con la sola eccezione di immagini molto fastidiose da segnalare come “disturbanti”.
È permessa la pubblicazione di lavori artistici “manuali” che mostrano nudità o attività sessuali ma non lavori digitali che mostrano attività sessuali.
È permessa la pubblicazione di filmati che mostrano aborti purché non si vedano nudità.
Facebook consente la visualizzazione in live streaming di persone che compiono atti di autolesionismo perché “non vuole censurare o punire persone in pericolo”.
Chiunque abbia più di 100.000 follower sulla piattaforma è indicato come “personalità pubblica” impedendo a questo protezioni offerte ai privati.
Altri commenti ammessi sono cose del tipo: “La ragazzina deve imparare il rispetto prima che il papà le spacchi la faccia” e anche “spero che qualcuno ti uccida”, quest’ultima considerata “una minaccia generica o non credibile”.
In uno dei documenti, Facebook spiega che le persone usano un linguaggio violento per esprimere la propria frustrazione online”, sentendosi “al sicuro” sul sito. “Hanno la sensazione che il problema non si ritorcerà contro di loro, sono indifferenti nei confronti della persona alla quale rivolgono minacce per l’assenza di empatia creata dalle comunicazioni tramite dispositivi, rispetto a quanto avviene nel faccia a faccia”.