Su Amazon e Apple sono in corso indagini da parte dell’autorità antitrust tedesca per via della policy che impedisce ai rivenditori di terze parti di vendere prodotti Apple.
A riferirlo è Bloomberg spiegando che la politica in questione è denominata “brandgating” da Amazon, e si tratta di un sistema che consente di escludere dal suo sito società indipendenti che rivendono prodotti di marca, non appena Amazon vende anche questi stessi articoli.
“Gli accordi di Brandgating possono contribuire a proteggersi contro la pirateria dei prodotti”, riferisce il Federal Cartel Office “ma tali misure devono essere proporzionali e in linea con le norme antitrust e non provocare come conseguenza l’eliminazione della concorrenza”.
Negli ultimi anni Amazon è diventata un rivenditore autorizzato dei prodotti Apple, grazie ad un accordo che prevede iniziative di vario tipo per mettere in ordine a varie offerte; l’accordo è servito anche per fare pulizia alle tante offerte di venditori di terze parti che prima era possibile trovare sul sito dell’azienda di commercio elettronico.
Apple fa capire che l’accordo è stato necessario, tra le altre cose, per eliminare prodotti contraffatti. “La sicurezza dei nostri clienti è la nostra priorità”, ha dichiarato la Mela, “i nostri team lavorano costantemente con forze dell’ordine, rivenditori e siti di commercio elettronico di tutto il mondo per la rimozione di prodotti contraffatti dal mercato”. E ancora: “Lavoriamo con Amazon per proteggere i nostri clienti da prodotti contraffatti, e avere la certezza che ricevano nella confezione un prodotto Apple autentico”.
Il meccanismo del brandgating è al centro di un’istruttoria avviata a lugio di qust’anno anche dalla nostra AGCM perer divieto vendita di prodotti a marchio Apple e Beats ai rivenditori che non aderiscono al programma ufficiale. Secondo l’Autorità l’accordo per escludere dal marketplace alcuni soggetti “appare potenzialmente idoneo a ridurre la concorrenza per l’innalzamento di barriere allo sbocco dei mercati della vendita on line a danno dei rivenditori non ufficiali, costituiti solitamente da piccole e medie imprese che effettuano appunto vendite sul web utilizzando i servizi di marketplace”.