La condivisione degli account di Netflix ha i giorni contati: a fine anno l’azienda aveva annunciato lo stop entro il 2023 e nell’ultimo rapporto agli azionisti, in cui sono allegati i risultati del primo trimestre, ha appena rivelato di aver predisposto un “ampio lancio” della nuova funzione di condivisione a pagamento durante il secondo trimestre.
Già da luglio scorso in Argentina, El Salvador, Guatemala, Honduras e Repubblica Dominicana viene chiesto agli utenti di acquistare “case aggiuntive” da collegare al proprio account per far utilizzare lo stesso account anche ad altre famiglie, con un prezzo per una singola “casa” che varia da paese a paese, anche se in nessuno di questi casi ha mai superato i 2,99 dollari.
Ma già entro giugno questa funzione a pagamento dovrebbe essere stesa a più paesi, Stati Uniti compresi, dove sarà possibile imbattersi nell’avviso in cui si spiega che «se non si vive con il proprietario dell’account, ci sarà bisogno del proprio account per continuare a usare il servizio».
Il sistema di controllo che inoltra questo avviso è stato presentato a febbraio e prevede alcune eccezioni: ad esempio un utente può richiedere un codice temporaneo per continuare a guardare Netflix quando è in viaggio, e comunque l’azienda si riserva il diritto di prestare molta attenzione a quali dispositivi accedono all’account e da dove lo fanno.
Nel tentativo di attirare un maggior numero di consumatori, Netflix – che punta tutto su maggiore qualità e minore quantità – sta comunque migliorando la sua offerta, alzando la qualità video (inizialmente limitata a 720p) per il piano più economico supportato da pubblicità. Non è chiaro se questo stratagemma funzionerà, ma i numeri raccolti fino ad oggi sono sicuramente molto buoni: stando al nuovo report, negli ultimi tre mesi si sono aggiunti 1,8 milioni di abbonati.
Netflix in Italia
A proposito, a fine febbraio Netflix ha tagliato il prezzo degli abbonamenti in 30 nazioni, anche se l’Italia è stata sfiorata di un soffio. Il nostro paese è un punto critico per l’azienda, che di recente è stata portata in tribunale da diversi attori nostrani perché «paga una miseria».