Steve Paul Jobs era nato il 24 febbraio del 1955 a San Francisco da due studenti, il siriano Abdulfattah Jandali e l’americana Joanne Schieble. Impossibilitati a crescere il bambino i due giovani genitori lo diedero in adozione a Paul Jobs e Clara Hagopian, una coppia di Mountain View, un centro collocato a qualche decina di chilometri a sud di San Francisco. Jobs ha frequentato la scuola superiore Homestead di Cupertino iscrivendosi nel corso del periodo estivo a seminari organizzati da HP a Palo Alto avvicinandosi così per la prima volta al mondo dei computer. La sua carriera scolastica si interruppe poco tempo dopo quando pur essendosi iscritto al Reed College di Portland, ateneo di orientamento umanistico, letterario e artistico con una forte impronta anticonformista e in quanto tale frequentato da giovani orientati politicamente alla sinistra americana, decise di abbandonare gli studi. Jobs ha continuato a frequentare da esterno corsi di calligrafia, guadagnandosi da vivere raccogliendo bottiglie di Coca Cola, dormendo sul pavimento a casa di amici e mangiando alla mensa dei poveri di un tempio di Hare Krishna.
È stato nel 1974 che la storia d’amore tra Jobs e i computer è cominciata. Tornato in California ha iniziato a frequentate l’Homebrew Computer Club, dove si sperimentavano i primo PC personali venendo poi assunto come tecnico all’Atari, un’azienda che sviluppava giochi e console. Il suo intento era quello di raccogliere abbastanza denaro per trasferirsi per un certo periodo in India dove avrebbe voluto compiere un percorso spirituale, cosa che fece effettivamente anche se solo per qualche settimana tornando negli USA con la testa rasata e l’abbigliamento tipico dell’induismo mistico indiano. All’Atari aveva ritrovato il suo amico Wozniak, conosciuto ai tempi di HP, e insieme decisero di lanciare un business per creare computer personali. Nacque così, anche con la partecipazione di Mike Makkula, un product marketing manager di Intel, e Ronald Wayne, un suo collega in Atari, Apple Computer, l’azienda che diede vita, come si legge nelle note in calce ad ogni comunicazione, al Personal Computer e della quale il maggior successo e prodotto simbolo fino a metà del primo decennio del 2000 è stato il Macintosh.
Proprio intorno al Macintosh si è consumato l’allontanamento di Jobs da Apple che abbandonò nel 1985 per divergenze sulle linee di prodotto, difficoltà economiche e licenziamenti. Jobs via da Cupertino fondò NeXT computer, un’azienda che produceva hardware e sistemi operativi a costo elevato, caratterizzati da tecnologie avanzate e potenza di calcolo eccezionale per i tempi. Un anno dopo, nel 1986, Jobs acquistò Pixar, la divisione grafica di Lucasfilm che voleva trasformare in una società capace di offrire sul mercato dispositivi hardware per l’elaborazione delle immagini ma che successivamente divenne il principale Studios al mondo per la produzione di film in animazione 3D e la cui cessione da Disney ha trasformato Jobs nell’azionista individuale più importante della casa di Topolino.
In seguito alla crisi di Apple che in lotta per la sopravvivenza acquistò NeXT, a sua volta i cattive acque, per cercare di modernizzare il suo sistema operativo Jobs tornò in Apple prima come consulente poi come amministratore delegato protempore infine come amministratore delegato a pieno titolo. Quando nel 2000 Jobs assumeva formalmente l’incarico, aveva già cambiato il volto di Apple cancellando decine di progetti e numerosi prodotti e lanciato l’iMac, il primo grande successo commerciale della nuova era di Jobs. Da allora sotto la guida del suo CEO Apple ha rivoluzionato per almeno tre volte il mondo della tecnologia, prima lanciando l’iPod e poi l’iPhone, infine inventando il nuovo fattore di forma dei tablet con l’iPad. Grazie a Jobs Apple è passata dall’essere a tre mesi dal fallimento al ruolo società IT più importante ed influente al mondo con cui tutti, anche chi è fuori dalla sua specifica nicchia di mercato, devono fare i conti, rivaleggiando con Exxon nel ruolo di azienda più capitalizzata della borsa di Wall Street.
La sua vicenda personale è segnata dalla malattia che l’ha colto nel 2004 quando scoprì di essere malato di una rara forma di cancro al Pancreas giudicata curabile; il CEO di Apple vene operato e tornò al lavoro qualche mese dopo l’intervento chirurgico. Le preoccupazioni sulla salute di Jobs sono tornate ad affacciarsi nel giugno del 2008 quando apparve sul palco della WWDC visibilmente smagrito e debole. Apple smentì ogni voce su una ricaduta, sostenendo che Jobs era afflitto da un semplice “male di stagione”. Nel gennaio dell’anno successivo Jobs annunciava di essere in cura per unna disfunzione ormonale, e qualche giorno dopo di avere preso un periodo di riposo perché «le miee condizioni di salute sono più complicate di quanto non stimato». Si seppe successivamente che il capo di Apple era stato costretto a ricorrere al trapianto del fegato, intervento chirurgico sulle cui ragioni si èsempre speculato, arrivando anche ad ipotizzare una metastasi del precedente tumore al pancreas, ma senza avere mai avuto alcuna certezza.
Jobs pur tornato al lavoro a fine giugno del 2009 ad ogni apparizione ha dato progressivamente l’impressione di essere più fragile ed emaciato. Nel gennaio del 2011, a quasi due anni esatti di distanza dalla prima assenza per ragioni mediche, Jobs annunciava una seconda assenza dal suo incarico ma questa volta, al contrario del primo caso, non c’era alcun cenno ad una data o una prospettiva di ritorno al timone di comando anche se non è mancato alla presentazione di iPad 2 e al keynote della WWDC. La decisione definitiva di abbandonare l’incarico di CEO èdel 24 agosto 2011; in quella occasione Jobs scriveva: “Ho sempre affermato che se mai fosse arrivato un giorno in cui non avrei potuto rispondere i miei compiti e le aspettative come CEO di Apple, sarei stato il primo a farvelo sapere. Sfortunatamente questo giorno è arrivato”.
Steve Jobs ricordato come un datore di lavoro quasi impossibile da accontentare, esigentissimo fino alla persecuzione con i collaboratori, capace di avanzare pretese quasi impossibili e di licenziare o di chiudere un rapporto commerciale sulla base di una di queste pretese impossibili non soddisfatte. Ma verrà ricordato anche come un manager di un magnetismo e di una leadership ineguagliati, eccezionalmente abile nel riconoscere non solo i prodotti che gli altri hanno immaginato ma anche il talento e in grado di far fare alle persone con cui entrava in rapporto per ragioni di lavoro cose che non pensavano di saper fare, cose impossibili appunto, quelle cose impossibili che hanno fatto grandissima Apple.
Umanamente Jobs sarà, invece, ricordato come un uomo molto difficile, arduo, se non impossibile, da approcciare, restio ad interviste, incontri mondani, uscite pubbliche e ad ogni rapporto d’amicizia al di fuori da una strettissima cerchia, segnato da una mente che lo spingeva ad avere una concezione elitaria di sé stesso e delle persone con cui entrava in rapporto rifiutando, in alcuni casi senza mezzi termini, il contatto con chi non era ritenuto degno o utile alla cerchia personale o professionale.
Se si vuole provare ad elaborare una ragione per cui Jobs si è elevato sopra il resto dei manager della silicon Valley non si deve però ricorrere solo a fattori come intelligenza, visionarietà e abilità manageriale; ma alla capacità di unire tutto questo ad autostima, ossessione per la perfezione e soprattutto l’ossessione di voler piegare la tecnologia obbligandola a soddisfare il bisogno di creatività e di libertà personale dell’uomo, ad assumere quel volto umano che ha segnato tutta la storia delle invenzioni di Apple, dal Mac ad iPhone. Per questo Steve Jobs sarà ricordato nella storia e non solo quella dei computer.