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Quando Steve Jobs chiese a John Carmack di rimandare il matrimonio

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I rapporti tra Steve Jobs e John Carmack sono stati a dir poco tumultuosi: è lo stesso creatore di Doom, Quake e ora responsabile tecnico di Oculus, a raccontare la sua esperienza professionale e personale con il leggendario cofondatore di Apple.

Quando iD Software cominciò a essere nota e guadagnare con giochi quali Commander Keen e Wolfenstein 3D, il primo acquisto di John Carmack non fu un’automobile ma una workstation NeXT, macchina utile per lo sviluppo e affidabile al punto che tutti in azienda usavano hardware NeXT. «Amavamo le nostre workstation NeXT” racconta Carmack e con il lancio di Doom volevano riportare esplicitamente la dicitura “Sviluppato su computer NeXT” all’avvio del gioco, ma quando chiedemmo l’autorizzazione, la nostra richiesta fu rifiutata».

«Un po’ di tempo dopo il lancio», racconta Carmack, «quando Doom cominciò a lasciare un segno culturale nella società, ci dissero che Steve Jobs aveva cambiato idea e che sarebbe stato felice di vedere il brand NeXT…. ma quella nave era salpata».

Steve Jobs John Carmack sul palco della WWDC 2007, foto: Jonathan Snyder - Wired
Steve Jobs e John Carmack sul palco della WWDC 2007, foto: Jonathan Snyder – Wired

«Molte cose nel corso degli anni mi hanno fatto giungere alla conclusione che, essenzialmente, Steve non avesse molta stima dei giochi, desiderando sempre che non fossero troppo importanti per la sua piattaforma come dopo hanno dimostrato di essere. Non ne ho ad ogni modo mai fatto una questione personale».

«Quando NeXT fu acquisita da Apple», racconta ancora il papà di Doom, «Steve tornò di nuovo al comando. Ero entusiasta dalle possibilità di una rinascita di Apple combinata con le virtù di NeXT». «Parlai della necessità dei giochi in generale e la mia missione fu convincere Apple ad adottare OpenGL per le API grafiche 3D. Ebbi un sacco di discussioni con Steve. Parte dei suoi metodi, almeno con me, consistevano nel denigrare possibili alternative, sfidandomi a vederla in maniera diversa. Tutto ciò può sembrare pragmatico ma in realtà non è sempre un bene». “Ho la Pixar”, spiegava Jobs, faremo qualcosa (un insieme di API) e sarà una scelta giusta”.

Steve Jobs Next«Ero spesso frustrato perché poteva parlare con la massima fiducia di cose sulle quali semplicemente si sbagliava, come i prezzi delle memorie per le schede video o la larghezza di banda di sistema sfruttata dalle estensioni AltiVec. Quando conoscevo bene ciò di cui parlava, ero in grado di mantenergli testa, resistendo contro chiunque. Quando Steve si metteva in testa qualcosa, era risolutivo. Vi erano imposizioni, le aziende erano acquisite i keynote programmati e il campo di distorsione della realtà sortiva effetto, facendo sembrava idee terribili qualsiasi altra cosa considerata in precedenza».

«Credo che questa sia una delle conseguenze indirette più grandi sull’industria del settore nella quale ho avuto parte. Le API OpenGL non hanno mai seriamente minacciato l’esistenza di D3D su PC (le API Direct3D di Microsoft) ma sono state cruciali per Apple». Secondo Carmack la scelta di supportare quelle API permise all’azienda di preparare in seguito il terreno per i dispositivi mobili. «È stato molto meglio che vedere dozzine di produttori di SoC proporre ognuno le sue API agli albori dell’era mobile».

steve jobs john carmack, foto John Carmack giovane in iD Software

Carmack ha partecipato a molti keynote con Jobs, con fasi di preparazione sempre molto stressanti e sforzi eroici” richiesti alle persone per rendere possibili tante cose in poco tempo. «Tendo a credere che era qualcosa di calcolato, che faceva parte del suo metodo». Un aneddoto descrive la capacità di Jobs di fare pressione sulle persone.

Un giorno, ricorda John Carmack, Jobs gli chiese di presentare qualcosa durante un keynote. Unico problema: l’evento si svolgeva lo stesso giorno del matrimonio del creatore di Doom. “Con un grande e ammaliante sorriso suggerì di posticipare la cerimonia. Declinammo ma continuò a insistere. Alla fine la mia futura moglie ribatté con la proposta che se avesse veramente voluto così tanto il “suo” John, avrebbe dovuto “dare in prestito” alla sua azienda John Lasseter (il grande guru alla guida di Pixar) per un giorno di consulenza. Steve passò rapidamente dal fascino, alla freddezza totale. Non partecipai a quel keynote».

Jobs altre volte lasciava il via libera fidandosi di Carmack. «Preparando uno dei primi technology demo di Doom 3 per un keynote in Giappone, stavo avendo problemi con alcuni manager coinvolti nell’evento i quali continuavamo a insistere che avrei dovuto cambiare demo perché “a Steve non piace il sangue”. Sapevo che Doom 3 non era di suo gradimento ma non era questo il punto nodale della dimostrazione». Il programmatore scrisse a Steve Jobs una mail e Carmack ottenne carta bianca: “Mi fido di te, John. Fai quello che pensi sia meglio”. Nessuno ebbe nulla da ridire.

Il lancio di iPhone raffreddò i rapporti tra i due. John Carmack aveva cominciato a occuparsi dello sviluppo di giochi per dispositivi mobili con l’aiuto di sua moglie. Ogni volta che ne aveva la possibilità, spiegava a Jobs quanto sarebbe stato bello per Apple avere dei giochi sul telefono. Come noto, l’allora CEO di Apple inizialmente non voleva app sul telefono e gli sviluppatori furono inizialmente invitati a presentare web-app (applicazioni accessibili e fruibili via web, senza installare nulla sul dispositivo). Carmack, in prima fila alla WWDC 2007,entusiasta delle potenzialità dell’iPhone, quando sentì parlare di web-app, rimase deluso.

doomDopo il keynote cercò di convincere Jobs che le web-app non erano una buona scelta e impedivano di mostrare il potenziale dell’iPhone. «Potremmo fare molte più cose con reali applicazioni native» spiegò l’autore di Doom ma Jobs se usci affermando che la scarsa qualità delle app avrebbe potuto far crollare i ripetitori per la telefonia cellulare. «Avevo fatto le mie supposizioni» spiega Carmack, «ritenendo che l’hardware e il sistema operativo fornissero protezioni a sufficienza per l’esecuzione di app native. Chiesi a un ingegnere vicino e questo non poté fare altro che confermare quanto immaginato».

“Cercai di spiegare che OS X era sicuramente usato per cose che avevano bisogno di molta più sicurezza di un telefono e che se Apple non poteva fornire abbasta sicurezza (con l’iPhone, ndr) allora avevano dei seri problemi”. Steve Jobs rispose «Sei un ragazzo intelligente, John, perché allora non sviluppi un tuo sistema operativo?».

steve jobs john carmack, foto Steve Jobs presenta il primo iPhoneCarmack pensò una parolaccia indirizzata a Jobs, e da quel momento in poi il rapporto divenne distaccato; varie persone di Apple hanno confermato che era il tipico modo di fare di Jobs, amante delle conversazioni vigorose, vivaci. A peggiore il rapporto tra i due, commenti all’epoca a suo dire riportati in modo errato dalla stampa e che Jobs non aveva apprezzato.

La leggenda della doppia personalità del CEO di Cupertino era  realtà, fa capire Carmack in un lungo post su Facebook, ma alla fine lo ringrazia perché  il fondatore di Apple, con i suoi modi bruschi e assolutamente non convenzionali, ha contribuito in qualche modo a farlo diventare quello che è oggi. Quando ha saputo che Jobs era malato, ha più volte cominciato a scrivere delle mail a lui indirizzate, messaggi che però non ha mai avuto il coraggio di spedire, rammaricandosi ora di non averlo fatto.

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