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I settant’anni di Steve Jobs e il futuro che non ha mai visto

C’è un video che circola ancora su Internet in cui un giovanissimo Steve Jobs parla del futuro dei computer. Non è uno dei suoi celebri keynote, ma un’intervista informale. Con gli occhi che brillano di entusiasmo, Jobs immagina un futuro in cui i computer potrebbero assorbire e replicare il pensiero umano. “Immaginate di poter parlare con Aristotele“, dice, “di poter avere una conversazione con lui su argomenti nuovi, mai affrontati prima, e sentire come risponderebbe”.

Settant’anni dopo la sua nascita, e tredici anni dopo la sua scomparsa, quelle parole risuonano con una forza profetica che nemmeno Jobs stesso avrebbe potuto immaginare. L’intelligenza artificiale AI sta rendendo possibile proprio quel tipo di conversazioni che lui sognava, ma ironicamente è arrivata troppo tardi per catturare e preservare il suo stesso pensiero.

Immortalare il genio

Jobs se n’è andato nell’ottobre 2011, quando i large language model erano ancora confinati nei laboratori di ricerca. Non c’è stato modo di “registrare” la sua personalità, il suo modo unico di vedere il mondo, quella capacità quasi sovrannaturale di interpretare il presente e plasmare il futuro. Una perdita che, nel panorama tecnologico contemporaneo, si fa sentire con particolare intensità.

La sua assenza è un vuoto che risuona ancora più forte oggi, in un’epoca di profondi cambiamenti morali ed etici, oltre che politici, economici e tecnologici. La sua chiarezza nel cogliere l’essenziale, la sua bussola morale infallibile nel navigare le acque tempestose dell’innovazione, mancheranno per sempre al dibattito contemporaneo.

Jobs non era un programmatore né un designer, eppure ha dato forma al futuro con una visione che andava ben oltre le specifiche tecniche. Il suo talento stava nel comprendere come la tecnologia potesse migliorare la vita delle persone, nel vedere connessioni dove altri vedevano solo componenti separati. Ha trasformato la musica digitale da un formato di nicchia in un’industria con iTunes, ha reinventato il telefono con iPhone, ha creato un nuovo mercato con iPad.

Omaggio a Steve Jobs: la fotogalleria di Macitynet
Steve Jobs presenta iPhone nel 2007: foto macitynet

Un altro futuro

Se fosse ancora qui oggi, alla guida di Apple, cosa vedremmo? Vision Pro sarebbe diverso? Avremmo già un’Apple Car? L’intelligenza artificiale sarebbe integrata in modo più profondo nell’ecosistema Apple? Sono domande che portano a riflessioni ancora più ampie: come sarebbe il panorama tecnologico se Apple fosse stata acquisita da Olivetti, Commodore, Dell oppure Oracle, come queste aziende hanno tentato di fare in vari momenti della sua storia?

Tim Cook ha preservato e fatto crescere l’eredità di Jobs in modi che pochi avrebbero previsto, trasformando Apple nell’azienda che vale di più al mondo. Ma l’approccio è diverso: più metodico, più concentrato sull’efficienza operativa rispetto a Jobs che sulla visione rivoluzionaria. L’Apple di oggi è un baluardo di stabilità in un settore tecnologico sempre più dominato da avidità e short-termismo, ma manca quella scintilla di magia che Jobs sapeva creare.

Nel 2025, mentre l’intelligenza artificiale promette di rivoluzionare ogni aspetto della nostra vita, non possiamo fare a meno di chiederci cosa ne avrebbe pensato Jobs. Avrebbe visto nell’AI un’opportunità per democratizzare la creatività, come fece con il personal computing? O avrebbe individuato rischi che noi ancora non vediamo?

Omaggio a Steve Jobs: la fotogalleria di Macitynet
Steve Jobs svela il primo sottilissimo MacBoo Air nel 2008, foto macitynet

L’AI che ci meritiamo

La grande ironia è che proprio quella tecnologia che Jobs aveva previsto, capace di catturare e preservare il pensiero umano, è arrivata troppo tardi per lui. Non potremo mai chiedere a un’AI addestrata sul suo pensiero come vedrebbe il metaverso, o cosa penserebbe della corsa all’intelligenza artificiale generativa.

Quello che ci resta sono le sue parole, le sue presentazioni, la sua visione di un mondo in cui la tecnologia è al servizio dell’umanità e non il contrario. Un’eredità che, a settant’anni dalla sua nascita, continua a influenzare il modo in cui pensiamo al futuro.​​​​​​​​​​​​​​​​

Un mondo in cui l’influenza e quindi la responsabilità dei big del tech è diventata enorme. E ci fa pensare che Jobs non l’avrebbe accettata, e avrebbe lavorato per rimettere il mondo nell’era giusta prospettiva.

Per tutti gli articoli su Steve Jobs vi rimandiamo a questa sezione di Macitynet.

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