Ad agosto di quest’anno, Mary Jo Foley ha avuto modo di intervistare il dimissionario CEO di Microsoft Steve Ballmer. La Foley, giornalista di ZDNet e Fortune, è molto “ammanigliata” all’interno della casa di Redmond ma, benché segua da vent’anni Microsoft, finora non le era stato concesso di intervistare l’amministratore delegato. Si tratta dunque di un evento e di un articolo da leggere per chi è interessato a conoscere alcuni aspetti del manager.
La Foley ha avuto modo di parlare (telefonicamente) con Ballmer per 15 minuti apprendendo alcune cose interessanti sul ruolo chiave dell’amministratore delegato nei casi che hanno visto l’azienda contrapposta all’antitrust, l’effetto del suo appoggio alla Xbox, l’insistenza nel voler scommettere con il mercato enterprise quando Microsoft era concentrata nel settore consumer, le responsabilità che si è preso nella débâcle con Longhorn, progetto per il quale l’azienda fu costretta a cambiare priorità eliminando varie funzioni previste trasformandosi poi in Windows Vista, l’esperienza che ne ha tratto… come nota di colore: la conferma della presenza di un vetro antiproiettile che Gates si era fatto installare nell’ufficio che condivideva con lui.
Con la gestione Ballmer, Microsoft ha cambiato molte volte pelle. A gennaio del 2000 la società era una software company con circa 39.000 impiegati; il prossimo anno, quando Microsoft terminerà le procedure di acquisizione di Nokia, la società avrà 130.000 impiegati nel settore hardware, software e servizi.
Rispetto a qualche anno fa, Ballmer è cambiato, e anche molto. È ancora capace di scherzare prendendo l’iPhone di qualcuno “beccato” in qualche riunione e metterselo sotto i piedi ma è anche pragmatico abbastanza d’aver dato il suo assenso al supporto di Linux nel cloud di Windows Azure: un bel passo avanti rispetto a quando definiva il sistema operativo del pinguino “un cancro”.
“Molte società del settore fanno qualcosa e spariscono” dice Ballmer, “abbiamo seguito tre stratagemmi: Windows, Office e il business nel settore enterprise. È già tanto se altre società ne hanno seguito uno”.
Parlando dei prodotti, Ballmer dice: “Negli ultimi cinque anni Apple ha guadagnato più di noi, ma negli ultimi 13 anni, scommetto che abbiamo fatto soldi più di qualsiasi altra azienda del pianeta. E questa, francamente, è una grande fonte di orgoglio per me”.
Altro orgoglio di Ballmer è il franchisee Xbox, console da poco arrivata nella versione One e per la quale i primi dati di vendita sembrano positivi, un milione le unità vendute nel primo giorno. È stato fondamentale seguire una strategia a lungo termine prima di vedere guadagni con Xbox: in un particolare periodo, un alto tasso di problemi con l’Xbox 360 pare sia costato all’azienda oltre un miliardo di dollari. “Credo nella responsabilità” dice Ballmer; “sono stato io il responsabile, abbiamo incontrato alcune asperità sulla strada ed era importante che io me ne assumessi le responsabilità, restassi paziente e seguissi le decisioni che abbiamo scelto”.
La Microsoft che lascia, a detta di Ballmer è certamente migliore di quanto lui arrivò tanti anni addietro: dopo gli studi lavorò per due anni per la Procter & Gamble con l’incarico di assistant product manager, decise poi di frequentare un master presso la Stanford University Graduate School of Business e nel 1980 Bill Gates lo convinse a lavorare per Microsoft, ricoprendo man mano vari ruoli: prima vice presidente delle vendite, poi vice presidente di software di sistemi, poi vice presidente del settore marketing, poi CEO e presidente.
Grazie alle stock option ricevute dall’azienda, Ballmer è oggi uno degli uomini più ricchi del pianeta. La sua visione di Microsoft a lungo termine è passata da “leader totale” a “leader sfidante”. “Gli sfidanti devono restare più concentrati se vogliono rimanere in vita”.