Spotify continua la sua battaglia contro Apple a quattro anni dalle prime accuse su questioni relative alla concorrenza nel mercato dello streaming musicale e che riguardano, in sostanza, le commissioni imposte per l’App Store e l’obbligo del sistema di pagamento in-app per gli sviluppatori di terze parti.
Il servizio musicale svedese che offre lo streaming on demand ricorda che il problema della concorrenza sleale non è stato risolto (Apple non è ovviamente d’accordo e ha più volte spiegato che le affermazioni di Spotify, a suo modo di vedere, siano sbagliate).
Nell’ultima lettera inviata agli uffici diretti da Margrethe Vestager, Spotify non è sola ma firma il documento inviato insieme a Deezer, Proton, Basecamp, l’editore norvegese Schibsted, France Digitale (associazione che rappresenta varie aziende informatiche) e altre organizzazioni. Oggetto di lamentela è sempre lo stesso: l’imposizione del sistema di pagamento proprietario per l’App Store, le commissioni ritenute troppo alte, la “creazione di ostacoli artificiali che impediscono alle aziende di comunicare con i loro clienti”, «capricci» di Apple relativamente ai termini di utilizzo dello store.
“Apple gode di una posizione di monopolio sul suo ecosistema mobile e chiede canoni di conduzione esorbitanti agli sviluppatori di app che non hanno altra scelta che rimanere sull’App Store per raggiungere i consumatori europei”, si legge nella lettera (qui il testo completo in PDF).
I firmatari chiedono azioni urgenti da parte di Bruxelles per “mettere fine al comportamento abusivo di Apple”. Alle brutte si tratta solo di aspettare l’entra in vigore del DMA (Digital Markets Act), nuovo regolamento europeo sui mercati digitali che entrerà in vigore quest’anno e che obbligherà Apple a rivedere in profondità numerose pratiche legate all’App Store. La Casa di Cupertino si sta preparando, obbligata ad agire per non subire le sanzioni previste per le big tech che non si adegueranno.
Spotify ha anche fiancheggiato Epic Games nella crociata di quest’ultima contro Apple, e fa parte della “Coalition for App Fairness” insieme ad altre software house che pretendono di poter distribuire app bypassando i meccanismi di pagamento di Apple.