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Spotify, Deezer e altri servizi di musica in streaming che operano nel vecchio continente, hanno chiesto alla Commissione europea di porre un freno alle grandi aziende USA – incluse Apple e Amazon – accusando le rivali statunitensi di concorrenza sleale con danni per le realtà più piccole che propongono servizi simili.
Il Financial Times scrive che Daniel Ek (co-fondatore di Spotify) e Hans-Holger Albrecht (CEO di Deezer), in una nuova ettera inviata a Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, hanno invitato Bruxelles a garantire “condizioni eque” tenendo sotto controllo piattaforme che “abusano regolarmente delle loro posizioni privilegiate”.
I servizi di musica in streaming ma anche sviluppatori di giochi e editori, lamentano di trovarsi in condizioni di svantaggio quando gli utenti effettuano acquisti dai loro servizi passando per l’App Store di Apple giacché quest’ultima offre un suo servizio di musica in streaming rivale. Spotify spiega ad esempio che quando l’utente acquista i suoi servizi Premium dall’App Store, Apple trattiene il 30% come commissione di sottoscrizione. Gli operatori europei lamentano ancora che le piattaforme statunitensi non consentono a loro di accedere a dati completi relativi agli utenti.
Si tratta solo dell’ultimo di una battaglia in corso da tempo che vede contrapposti i servizi europei e quelli statunitensi. A maggio di quest’anno i CEO di Spotify, Deezer e altre aziende che si occupano di musica in streaming, avevano già sollecitato la Commissione Europea a investigare i big nel settore delle tecnologie riguardo alle pratiche commerciali degli app store.
A giugno l’UE aveva risposto promettendo una revisione nelle strategie che riguardano il digitale regolando i rapporti tra gli sviluppatori di app e le aziende che vendono prodotti e servizi sulle loro piattaforme. La proposta prevede la definizione di linee guide più chiare su come i grandi gruppi debbano gestire termini e condizioni fornendo meccanismi di riequilibrio per aziende depennate ad esempio dai siti web o tenute fuori da classifiche senza spiegazioni. A giugno di quest’anno la commissione Antitrust UE ha comminato una multa da 2.4 miliardi a Google per comportamento anticoncorrenziale. Big G (che ha presentato ricorso) avrebbe promosso i suoi servizi comparativi nei risultati delle ricerche offuscando la visibilità dei concorrenti, danneggiando imprese e consumatori, che non hanno potuto esprimere il proprio diritto di scelta. La denuncia era partita da FairSearch, “storico” gruppo di lobby inizialmente fondato da motori di ricerca specializzati in viaggi come Kayak, Expedia, TripAdvisor e da Foundem, un sito del Regno Unito per il confronto sui prezzi. In una nuova lettera firmata da Foundem, si invita la Commissione a individuare “chiari e vincolanti obblighi che fungano da deterrente impedendo sleali pratiche commerciali da parte delle piattaforme”.