Quasi nulla è veramente gratis su internet, in particolare quando si parla di social media e altre piattaforme online. Il guadagno di piattaforme come Facebook consiste nei preziosi dati rivelati dagli utenti, i “mi piace” ai prodotti di nostro gradimento e altri elementi che consentono di creare un quadro completo del pubblico classificandolo per età, hobby, gusti e preferenze varie, elementi che permettono di vendere spazi pubblicitari alle aziende. Anche Spotify ora ha annunciato l’introduzione di funzionalità di “programmatic advertising” che consentono a terze parti di avere accesso ai dati di 70 milioni di utenti che usano Spotify free, la variate che consente di ascoltare album e artisti preferiti, con interruzioni pubblicitarie.
Spotify spiega che le terze parti saranno in grado di conoscere età, sesso, lingua e località dell’utente, ma anche genere di musica e playlist ascoltate. Le agenzie pubblicitarie potranno identificare particolari categorie di pubblico, proponendo prodotti e servizi in blocchi da 15 e 30 secondi.
Il bilancio della società svedese è da troppo tempo in rosso, e la monetizzazione derivante dai dati degli utenti venduti alle agenzie potrebbe aiutare a ripianare le perdite d’esercizio. Il servizio» si legge in un comunicato di stampa dell’azienda «è già attivo su 59 mercati e le aziende potranno indirizzare in tempo reale la pubblicità ad una platea scelta in base ad età, genere e gusti musicali».
Spotify ha siglato una partnership con tre importanti piattaforme nell’ambito del ‘programmatic advertising’: Appnexus, Rubicon Project e The Trade Desk; la oluzione sarà disponibile in tutti i 59 mercati nei quali Spotify opera, Italia inclusa.