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Sostenibilità: tutti la vogliono pochi la praticano

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In vista di COP26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow il prossimo 30 ottobre anticipata dalla pre-COP di Milano che si è conclusa pochi giorni fa, la Fondazione per la Sostenibilità Digitale ha presentato suoi dati sulla percezione degli italiani della relazione tra tecnologia digitale e sostenibilità ambientale.

Dati che fanno parte di un percorso di ricerca più amplio, finalizzato a definire il ruolo della tecnologia come strumento di sostenibilità da parte dei cittadini. Passaggio fondamentale per aziende e istituzioni per comprendere come sviluppare policy e strategie finalizzate a cogliere quella che, secondo le Nazioni Unite, è una sfida non più rimandabile.

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La domotica guida il cambiamento

Lampadine e prese smart (usate regolarmente dal 16,4% degli intervistati), elettrodomestici connessi in rete (13%) e impianti di climatizzazione gestibili on-line (12%) guidano la Top Ten degli strumenti digitali che contribuiscono alla lotta all’inquinamento ed al cambiamento climatico. A seguire applicazioni per la raccolta differenziata, stazioni meteo intelligenti, frigoriferi e dispense smart.

Sono applicazioni e servizi orientati al monitoraggio e alla riduzione dei consumi a guidare la classifica degli strumenti più utilizzati: quasi un italiano su tre fa uso regolare di elettrodomestici intelligenti (19,6%), lampadine controllabili tramite assistenti vocali (16,4%), impianti di riscaldamento e climatizzazione gestibili da remoto (12%), termostati intelligenti (15,5%). Il 4.9% degli utenti inoltre utilizza applicazioni per il monitoraggio della qualità dell’acqua, ma è necessario evidenziare come tale dato risenta del fatto che tali applicazioni non sono disponibili su tutto il territorio nazionale.

Seguono le applicazioni per la gestione dei rifiuti, usate regolarmente da un italiano su cinque. A guidare la classifica in questo caso sono le applicazioni che forniscono indicazioni ed assistenza per la raccolta differenziata (10,9%) e quelle implementate dai Comuni per la prenotazione del ritiro dei rifiuti ingombranti (10,4%), oltre ai sistemi per la prenotazione dell’accesso alle isole ecologiche (6,6%).Lo standard CHIP per la domotica universale, Apple inclusa, è in arrivo

Infine, anche grazie ad alcune app di grande successo, stanno prendendo piede sistemi per abbattere gli sprechi alimentari, utilizzati regolarmente da un italiano su dieci. Si va dalle app che monitorano la scadenza dei prodotti a quelle dedicate allo scambio o alla vendita di prodotti prossimi alla scadenza (in entrambi i casi utilizzate dal 5,3% degli intervistati), passando per frigoriferi e dispense smart (5,1%).

«Le applicazioni legate alla domotica sono sempre più utilizzate ma purtroppo hanno ancora un costo non alla portata di tutti» sostiene Luciano Guglielmi – Direttore del Comitato di Indirizzo della Fondazione, «quindi quei benefici sia a livello sociale – si pensi al miglioramento della vita per le persone anziane o con difficoltà motorie o diversamente abili – sia a livello ambientale – si pensi al riscaldamento intelligente di uffici e abitazioni o al miglioramento della qualità dell’acqua – sono ancora obiettivi sui quali aziende e, soprattutto, istituzioni – ad esempio con l’istituzione di bonus ad hoc, devono puntare con decisione e consapevolezza».

Sostenibilità: tutti la vogliono pochi la praticano

«Malgrado il fatto che i tassi di adozione – complice anche l’emergenza sanitaria – siano sensibilmente migliorati nell’ultimo anno, emerge un quadro fatto più di ombre che luci quello tracciato dalla nostra ricerca» spiega Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. Ormai è chiara alla maggior parte dei cittadini l’urgenza di cogliere le sfide del cambiamento climatico (per il 74% degli intervistati è una priorità) e dell’inquinamento (che rappresenta una priorità per il 76% degli intervistati), tuttavia ancora un italiano su sei ritiene che tali problemi siano importanti, ma non prioritari».

«A ciò si aggiunge che benché il 46% degli intervistati dichiari di identificare nella sostenibilità ambientale una priorità rispetto a economia e società, sono solo il 37% coloro i quali sono davvero in grado di cogliere le correlazioni tra questi tre fattori e le conseguenze concrete delle posizioni ideologiche sulla sostenibilità. Inoltre – e proprio su questo si sviluppa nei dettagli la ricerca – tale consapevolezza stenta a generare un reale cambiamento nei comportamenti dei cittadini, soprattutto in relazione al ruolo del digitale e all’adozione di strumenti che potrebbero contribuire a combattere inquinamento e cambiamenti climatici».

Il digitale per gli italiani è energivoro

La ricerca analizza la percezione dell’impatto ambientale dei servizi digitali confrontando il consumo effettivo di alcuni strumenti digitali con quello che gli utenti pensano che tali strumenti consumino. Anche in questo caso i risultati sono particolarmente significativi: se per il 51% degli intervistati l’impatto in termini energetici del digitale è “abbastanza forte”, sono solo il 22,8% di questi a stimare correttamente quanto forte sia effettivamente tale consumo, con un 77,2% che invece ha la percezione di un impatto energetico del digitale più basso di quanto non sia in realtà.

Insomma, chiosa Epifani «Gli italiani hanno la percezione che il digitale possa essere energivoro, ma non immaginano quanto. Da notare come tale difficoltà nel percepire il corretto consumo energetico degli strumenti e dei servizi digitali sia totalmente scorrelata da elementi come la competenza digitale dichiarata o il fatto che la tecnologia sia considerata come una opportunità o come una minaccia. Che si sia competenti o meno e che nella propria opinione la tecnologia sia positiva o negativa, abbiamo una scarsissima consapevolezza del suo impatto energetico».

Scarsa consapevolezza quindi, ma anche poca attenzione verso la sostenibilità ambientale in relazione alla digitalizzazione «Per migliorare questi dati non basta la sensibilità del singolo ma serve una forte spinta da parte delle Istituzioni, con comunicazione al cittadino e incentivi specifici, che siano però pensati per produrre un cambiamento consapevole delle abitudini» conclude Epifani.

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