Google è stata condannata a pagare 32,5 milioni di dollari a Sonos a seguito del verdetto di una giuria, stabilendo che gli smart speaker e media player di Google hanno violato un brevetto di Sonos.
Lo riferisce The Verge, ricordando che la battaglia tra Sonos e Google risale al 2020, con la prima azienda che accusava la seconda di avere copiato la sua tecnologia brevettata per l’audio multiroom, scelta che sarebbe avvenuta dopo una collaborazione delle due aziende nel 2013.
Sonos aveva già ottenuto una vittoria presso l’International Trade Commission (ITC), commissione che aveva stabilito la violazione di cinque brevetti di proprietà dell’azienda che sviluppa e produce sistemi di altoparlanti attivi e componenti hi-fi.
Sonos era riuscita a ottenere dei limiti nell’importazione degli smart speaker di Google e quest’ultima è stata costretta a rimuovere alcune funzionalità dalla sua lineup di smart speaker e smart display.
Ad agosto dello scorso anno, Google ha citato in giudizio Sonos, affermando che quest’ultima aveva violato suoi brevetti su smart speaker e tecnologie di controllo vocale. La discussione su quest’ultima causa è stata avviata a inizio mese e Jose Castaneda portavoce di Reuters, aveva riferito a Reuters che il caso in questione riguarda “alcune specifiche funzionalità non comunemente usate”, affermando inoltre che Sonos avrebbe “distorto” la descrizione della loro collaborazione.
L’ultima affermazione di Sonos in tribunale è stata una vittoria solo in parte: la giuria ha deciso che l’app di Google non ha violato un diverso brevetto contestato da Sonos. Il giudice ha inoltre riferito ai giurati di ritenere non corretta la stima di 90 milioni di dollari per danni, indicando come inammissibili alcuni elementi di accusa.
I rapporti tra Google e Sonos si sarebbero inaspriti quando Sonos ha cominciato a creare speaker che potevano funzionare con altri assistenti vocali oltre a Google Assistant. L’azienda che sviluppa e produce sistemi di altoparlanti attivi e componenti hi-fi, riferisce di avere cercato di appianare le divergenze dal 2016 (quando fu rilasciato il primo speaker Google Home) ma senza risultati.